La moda oltre il corpo

Quanto è difficile accettare il proprio corpo? Quanto è denso di fatica abbracciare il cambiamento? Eppure, c’è chi sta mettendo le fondamenta per una trasformazione radicale della moda e del significato dell’essere una persona glamour nonostante il proprio corpo. È nato un nuovo brand che ha cura e si prende cura della persona rispettando la sua natura, il suo corpo, la sua interiorità. Chiara Salamone, psicologa della moda e non solo ha cesellato un itinerario romantico e innovativo che nutre e soddisfa i bisogni dell’individuo attraverso la sua capacità di creare un cambiamento significativo in chi si affida ai suoi preziosi consigli. Lei costruisce strumenti, crea un cambiamento, propone un viaggio alla ricerca di sé.  In un mondo che corre veloce, Chiara propone un’idea nuova, innovativa, radicale dal sapore americano. Se siete curiosi leggete l’intervista.  

 

Partiamo da te, tu chi sei?

Una persona che crede tanto in quello che fa. Vengo da un piccolo paese della provincia di Milano, sono cresciuta pensando che esistessero solo le professioni tradizionali. Ho studiato con la convinzione che in realtà avrei fatto qualcosa di diverso da quello che avevo visto fare dai miei genitori e dalle persone che conoscevo. L’idea di fare qualcosa di “diverso” mi ha portato a percorrere strade inusuali e incontrare tantissime realtà, non immaginavo neanche potessero esistere tanto da convincermi che tutto è davvero possibile. È così che oggi a 33 anni, sono mamma di una bambina di 7 anni e costruisco ogni giorno il mondo che vorrei con carezze di abiti e accessori.

Dove ti sei formata?

Mi sono laureata in Scienze e Tecniche psicologiche all’Università di Bergamo, poi mi sono specializzata in Scienze Cognitive all’Università di Milano, in seguito ho approfondito i miei studi in neuromarketing e in psicologia della moda frequentando diversi corsi in Italia e all’estero. Sono una lettrice compulsiva e una studentessa creativa.

Che cos’è la psicologia della moda?

La psicologia della moda non è altro che l’applicazione di modelli, metodologie e teorie provenienti dal mondo delle scienze psicologiche e delle neuroscienze al settore della moda.

Nella vita cosa fai?

Nella vita faccio la Psicologa della Moda, la ricercatrice e consulente Neurofashion, la formatrice e la divulgatrice. Faccio anche la mamma, l’amica distratta, a volte la figlia e a tratti la sorella.

Ma la psicologa della moda esattamente cosa fa?

Per me la Psicologa della Moda suona come “faccio terapia con gli abiti”, che non è affatto quello che faccio. In realtà applico le scienze psicologiche al contesto della moda. In particolare, attraverso il Neurofashion metto in relazione le neuroscienze con la moda. Mi occupo, quindi, non solo dell’abbigliamento ma anche del comportamento umano in tutti gli aspetti della moda: dal design all’intera catena di approvvigionamento, dal consumo allo smaltimento. Mi occupo delle numerose e variegate questioni individuali, sociali e ambientali che derivano direttamente o indirettamente dall’industria della moda.

La bellezza della moda che cos’è?

La bellezza è un grande obiettivo oltre che una grande sfida, così come lo sono la costruzione di una relazione assertiva con l’immagine corporea, l’autostima, la fiducia, il tema dell’auto oggettivazione, della sessualizzazione delle donne e la selezione/trattamento delle modelle. A mio avviso, altrettanto importanti sono le tematiche legate alla gestione del debito che deriva dagli acquisti compulsivi e la necessità di ridurre la produzione e il consumo eccessivo che si traducono in problemi di natura ecologica. Creare una cultura di consapevolezza partendo dall’individuo è l’obiettivo che proseguo attraverso il mio lavoro.

Sembra una nuova avvincente avventura dal sapore americano?

Sì! In Italia questa professione è ancora poco conosciuta e ricercata. Le aziende stanno iniziando adesso ad intuire come valore aggiunto la possibilità di contemplare uno sguardo verticale rivolto alla parte psicologica. Si parla molto di inclusività, di sostenibilità, di una moda che metta il cliente al centro del processo produttivo ma c’è ancora molta strada da fare. In altri paesi, esistono veri e propri corsi di laurea in Fashion Psychology.  Inoltre, soprattutto negli Stati Uniti, personaggi di grande rilievo hanno iniziato a percepire alcuni limiti nell’avere uno stylist e hanno deciso di farsi affiancare da psicologi della moda proprio per superare il mero valore estetico dei loro look. Spesso, infatti, il rischio per loro è quello di esplorare un determinato tipo di immaginario estetico esclusivamente legato a certi brand, rinunciando ad un punto di vista più personale e probabilmente più in linea con i valori di cui si fanno portavoce.

Adesso cosa fai?

Mi occupo principalmente di formazione e quindi le mie giornate sono impegnative e sempre diverse. Tengo corsi, faccio consulenze, partecipo a progetti di ricerca, creo contenuti e passo molto tempo a incontrare persone che vogliono approfondire come gli abiti possono essere utilizzati come strumenti di benessere. Oltre che con i privati lavoro spesso con professionisti del settore della moda che vogliono integrare le loro competenze attraverso la lente della psicologia della moda. Inoltre, lavoro su progetti che supportano i giovani nell’affrontare tematiche legate all’immagine corporea e recentemente ho collaborato con un’organizzazione che lavora con le persone anziane per aiutarle ad aumentare la loro autostima attraverso il veicolo della moda. Insomma, il lavoro è sempre vario e interessante, posso dire che non mi annoio mai!

È vero che hai disegnato una capsule di abbigliamento?

Si, questo è l’altro volto della medaglia. Ho creato una capsule “Dress the Gap” che fa parte del mio brand Neurofashion.

Perché l’hai creata?

L’ho fatto per rendere indossabili i concetti di unicità, incisività, sostenibilità e possibilità che racconto quotidianamente con le parole.

C’è qualcosa di particolare nella tua linea di abbigliamento?

È tutto un po’ particolare. Sono abiti esclusivamente bianchi e neri, con cuciture a contrasto nei colori rosso, verde e blu (colori dei chakra istinto, cuore, cervello), non hanno taglia, non hanno genere, non hanno occasione d’uso. Sono senza limiti, trasformabili, seguo i cambiamenti del corpo e della persona.

Come si fa a capire qual è la taglia giusta?

Non c’è la taglia “giusta”, si adattano al tuo corpo grazie ad una serie di bottoncini e strategie che permettono a questi capi di non essere una “taglia unica” ma di essere “senza taglia”. Per una questione di trasparenza, chiarezza e praticità per ogni pezzo sul sito è presente una “no size guide” dove si trovano i dettegli della vestibilità.

Perché qualcosa che non sia una tg 40?

Perchè non credo nelle taglie.

In cosa credi?

Credo in un corpo vivo che cambia tutti i giorni. Inoltre, credo che la sostenibilità passi anche attraverso una sostenibilità psicologica e dalla possibilità di creare legami duraturi con i nostri abiti che non possono essere limitati da un numero.Vorrei che questi capi siano portatori dell’idea che i nostri confini li definiamo noi quotidianamente.

Quanto ferisce lo sguardo dell’altro se non sei una libellula?

Dipende da quanto glielo permetti. Oggi siamo nel pieno di una rivoluzione, a tratti gentile, in cui si riflette molto sul corpo, sull’idea di salute e in cui si tenta di rivedere molti stereotipi. La strada è ancora lunga e fatta di complessità. Per la mia esperienza quotidiana con le donne posso dire che ciò che ferisce di più è il proprio sguardo più di quello degli altri.

Che cos’è la leggerezza?

Per me uno stato d’essere. Prendo in prestito le parole di Calvino: “Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere magici sul cuore”.

La leggerezza come si ottiene?

Trovando la giusta distanza dalle cose. Ecco perchè credo che gli abiti ci aiutino in questo: loro sono proprio “separazione” ci aiutano a “parare il nostro Sé”. Stanno sulla pelle, proteggono, comunicano, uniscono, dividono, ci permettono di definirci.

Oggi si parla tanto di donne curvy, morbide, generose ecc., poi alla fine il pregiudizio nonostante tutto è sempre lì in agguato, ci sarà mai un vero cambio di rotta?

L’inclusività è ancora sulla carta, non è cambiato molto negli ultimi vent’anni.  Oggi i modelli di bellezza non sono più chiusi nei musei ma sono alla portata di tutti tanto da esserne bombardati quotidianamente. Io credo nella possibilità di un cambiamento e con un pizzico di ottimismo ti dico che nei giovani adulti questo cambiamento già lo percepisco: li trovo più liberi, più consapevoli, più attenti, più sensibili. Il pregiudizio è una scorciatoia cognitiva, è necessario fare spazio al pensiero logico razionale. Da professionista e da mamma di una prossima adolescente credo che la cosa fondamentale sia allargare gli orizzonti: invitare i ragazzi ad esplorare la vita vera, che possa essere altro rispetto ai social e supportarli nell’avere oggetti del desiderio al di là del narcisismo proponendo modelli alternativi e supportandoli nell’esplorazione di esperienze nuove.

Penso alle donne giunoniche del Rinascimento, secondo te perché non è più quella la vera bellezza?

Questa è una tematica che meriterebbe un ampio approfondimento. Sono cambiati i canoni estetici, il perchè è da ricercare nei cambiamenti e nelle esigenze sociali. La donna da formosa e morbida è diventata androgina e spigolosa, doveva assomigliare sempre di più all’uomo ma mantenere i tratti che la rendono attraente per lo sguardo maschile dominante come il seno sodo, il sedere sporgente, le labbra carnose. Ecco che siamo arrivati a ricercare un corpo eternamente adolescente.

Cos’è la bellezza?

Io penso che la bellezza sia emozione.

Ovvero?

È bello ciò che è capace di emozionarci. La bellezza è ciò che (ci) succede quando ci sentiamo capaci di ricercare, quando ci permettiamo di seguire ciò che riteniamo interessante per noi. Da un punto neuroscientifico la bellezza si accompagna sempre all’attività neurale di una specifica parte del cervello deputata all’elaborazione delle emozioni che si chiama field A1 e si trova nella corteccia orbito frontale mediale (mOFC). Questa attività è anche quantificabile. Più intensa è l’esperienza del bello, più intensa sarà l’attività registrata nell’mOFC. Questa scoperta, inimmaginabile anche solo 15 anni fa, ci racconta come la bellezza sia qualcosa di esclusivo, di riservato alla specie umana e che la diversifica da tutti gli altri esseri viventi. Ecco perchè la bellezza è così preziosa e non può essere pensata lontana dall’essere umano.

Cosa piace a un uomo di una donna?

Da un punto di vista fisico ci sono vari studi che sostengono che ci sono diverse caratteristiche delle donne che attraggono gli uomini come per esempio le labbra carnose, il colorito roseo, la mascella dolce, la fronte alta e gli occhi grandi. Queste caratteristiche, nelle donne, indicano un più alto numero di estrogeni (e di conseguenza considerate inconsciamente fertili), quindi più attraenti anche per una questione “chimica”. Se ci fate caso queste sono anche le caratteristiche che creano i filtri “bellezza” proposti dai social. Con questo non voglio sottovalutare la componente soggettiva, per fortuna ognuno ha i suoi gusti e ricerca caratteristiche diverse.

L’amore che posto occupa nella tua vita?

L’amore nella mia vita occupa tutti i posti. Sono una sana egoista: faccio ciò che amo e lo faccio per amore. Insomma, l’amore per me è essenziale mi toglie dall’idea di “dovere”.

Stai facendo tante cose, hai tanti progetti ci vuoi raccontare qualcosa?

Si, il mio è un lavoro in divenire.  Ci sono tantissimi progetti in cantiere, tante opportunità da esplorare. In questo momento sto lavorando alla creazione di un primo corso di Psicologia della Moda che abbia un workshop pratico dove si possa fare esperienza diretta di quanto appreso.

Stai pensando a un libro?

In realtà è già qui, quasi ultimato, manca davvero poco e ne sono molto felice. Questo libro è molto importante per me perchè è nato dall’esigenza di unire i puntini, di raccontare che esiste una psicologia della moda che è applicabile nella vita quotidiana ed utile a tutti.

Hai mai pensato di disegnare una linea di gioielli?

Mi piacerebbe moltissimo, non ti nego di averci pensato molte volte. I gioielli sono qualcosa che mi attrae molto perchè durano nel tempo e prescindono dal corpo.

Dove si può acquistare il tuo brand?

Attualmente esclusivamente sul sito www.neurofashion.it

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