“A volte, la cosa più bella è proprio quella che arriva inaspettatamente e non è meritata, in altre parole, qualcosa che viene realmente offerto (Anna Freud)”, perché “Il presente avvolge il passato, e nel passato tutta la storia è stata fatta dagli uomini (S. de Beauvoir)”, poiché ogni vita vera è incontro nella grazia e nel mistero della vita che accade. Si nasce, ma non è quel momento che definisce il nostro essere persona. L’andare della vita forgia l’essere, la natura essenziale di quell’individuo che è giunto nel mondo della vita costruendo una struttura di personalità che rispecchia l’ambiente dove la persona è cresciuta. Roberta Calandra vive nel suo mondo, nell’ambiente che l’ha accolta sin dal suo primo momento diventando una donna determinata, forte, sensibile, sognatrice e, soprattutto, autentica. La Calandra attraverso i suoi lavori, le sue parole, le sue narrazioni, racconta raccontandosi in una declinazione intima che rende il suo vissuto la cifra del suo essere nell’equazione possibile di un itinerario sostanziale. In fondo per “entrare nel segreto delle cose, bisogna prima darsi a esse (S. de Beauvoir)” e Roberta Calandra si è messa al cospetto delle cose della vita cogliendone il senso profondo che ha tradotto nelle sue opere. “Un libro è un oggetto collettivo. I lettori contribuiscono quanto l’autore a crearlo (S. de Beauvoir)” perché tutto accade nello spazio esistenziale Io-Tu.
L’eredità di Anna Freud esce nel 2013, adesso in libreria c’è una nuova edizione aggiornata, perché questa decisione?
È stata una decisione del mio editore. Sono convinta che sia tornato il momento di parlare degli argomenti trattati nel libro. Sono molto contenta di questa scelta.
Perché questo è il momento di …?
Quando è uscita la prima edizione nel 2013 avevo meno esperienza di come parlare del mio lavoro editoriale, di come far parlare del libro, inoltre questo è un periodo storico dove il discorso del potere femminile ha acquistato un maggiore spessore, c’è un’urgenza densa di significato su questo tema.
Perché Anna Freud?
Sono innamorata di questo personaggio. Leggendo la sua biografia, mi sono resa conto della sua esperienza di vita intensa e al tempo stesso particolare. Da bambina, Anna era complessata, abbastanza vessata, ha ricevuto un’infanzia dove doveva per forza fare l’adulta, riceveva tantissimi stimoli intellettuali. Purtroppo per lei, non fu emotivamente incoraggiata. I genitori desideravano un maschio, così che lei non riusciva a comprendere bene chi fosse, fino a che la sua esistenza così tormentata l’ha condotta poi, in età adulta, a scegliere di vivere la sua vita vicino a una donna. Anna diceva che Dorothy era un’amica, seppur le cronache riportano una versione diversa di questa relazione intensa e lunga durata più di cinquant’anni. A tutto questo si unisce l’impegno di Anna di prendersi cura dei bambini più sfortunati, costruendo tantissimi luoghi che fossero un posto di rifugio e ristoro per gli orfani di guerra. Il prendersi cura dei più piccoli e deboli, mi è apparso come un ribaltamento esistenziale di Anna Freud. La sua è una storia di vita così fuori dal comune.
Cosa l’ha colpita di più della storia di vita di Anna Freud?
Il suo essere figlia di un uomo particolare che avrebbe dovuto comprendere la sua natura, considerando il lavoro che svolgeva, invece tra lei e il padre c’è stata una relazione esclusiva, lei era diventata, per Freud, una sorta di vestale cui si univa una relazione complessa con la moglie, con la sorella della moglie. Così Anna decide di vivere la sua vita con Dorothy Burlingham Tiffany, figlia del grande gioielliere di New York, da lei tanto amata. Freud è stato per Anna, un padre ingombrante. Queste vite così intrecciate, così intense come se si fosse all’interno di una soap opera mi hanno affascinata.
Una Beautiful incastonata tra l’800 e il ‘900?
Il libro reinventa moltissimo. Ho tenuto fedele la parte biografica, così come gli aneddoti che Anna racconta della sua vita sono veri, però ho immaginato una storia nella storia che partisse da basi realmente vissute, per poi delinearsi in anfratti diversi e densi di significato. Di fatto ci sono tre donne, una casa imponente, un passato per tutte difficile e pieno di non detti. Anna Freud figlia del celebre fondatore della psicoanalisi e studiosa dei disturbi comportamentali infantili, malata e ormai al tramonto dei propri giorni, vive con la giovane Sarah, irlandese dal passato oscuro, giunta a Londra in cerca di lavoro e scelta come domestica dall’anziana donna. La loro quotidianità verrà sconvolta dall’arrivo di Judith, ventenne omosessuale insoddisfatta e irrequieta, una ragazza borderline che studia psicologia e vuole scrivere la propria tesi di laurea sulla figura di Anna. La casa della celebre dottoressa diventerà presto teatro di scontri e confronti, antipatie, confessioni e inattese scoperte sessuali e sentimentali. Sullo sfondo tre padri con vissuti estremi e devastanti.
La scrittura quanto è importante nella vita di una persona?
Nelle altre persone non lo so, sicuramente nella mia moltissimo. La scrittura ha la capacità di sublimazione, di trasformazione del dolore, di restituzione, è catartica.
Possiamo mettere lì il nostro mondo, le nostre emozioni, dandogli una sceneggiatura diversa, così che possa essere un messaggio di trasformazione e consapevolezza per chi legge?
Assolutamente sì. Senza scambiarla con la vita però.
I libri come fanno a proteggere?
I libri più che proteggere in realtà espongono, costringono a esporre delle ferite e a trasformarle. In questo momento in Italia, il libro non è una creatura protetta, non è un Panda, mi sembra una creatura a rischio.
Noi leggiamo il libro dei Social e del web?
Si dice che ci sono più scrittori che lettori. Uno scrittore valido lo riconosci se ha letto tanto oppure se la sua conoscenza è ristretta. Non importa quante copie vendi ma come sei, che tipo di cultura hai costruito all’interno di te. Oggi siamo molto presi da quello che richiede il mercato qui ed ora, la grande letteratura appartiene a un mondo diverso, non è commerciale.
Dopo il bruco e la farfalla che cosa c’è?
Dopo il bruco e la farfalla, c’è il volo della farfalla e anche la trasmissione ad altre farfalle. Questo romanzo per me è un po’ il racconto di una trasmissione, l’idea che si può trasmettere valori. Eh, mi piace pensare che le esperienze che facciamo non restino confinati nel nostro bozzolo, ma possano e debbano essere trasmesse attraverso il volo di tante farfalle.
Dicono di lei che “ha una mente troppo sana per il Karma che porta in giro”, perchè?
Ah, è una cosa che mi disse un mio caro amico. La trovo molto preparata. Perché a volte si cerca di puntare a un’esistenza più strutturata di quella che invece la nostra traccia d’anima consente. Io, sicuramente avrei, avrei … non so, è molto difficile questa domanda … serve un’analisi attenta. È una spaccatura che sento tra la vita immaginata e quella che ho messo in atto, di cui non sono assolutamente pentita, ecco però diversa da un’idea tradizionale di stabilità che pensavo di possedere e che ancora vorrei aggiornare.
Qual era la vita immaginata?
La vita immaginata era fatta sicuramente di una costruzione di una vita affettiva più stabile. Ecco una delle cose che mi sono piaciute di Anna è che è riuscita a crearsi una stabilità affettiva durata 54 anni. La durata nella mia visione ha un grosso valore di per sé.
Ogni vita vera è incontro?
Si! Poi è vero che l’amore si può trovare in tante cose, alla fine in ogni circostanza esistenziale, se è troppo rigoroso nella sua struttura può rompersi e smarrirsi. Ma non dispero, non dispero, sono ottimista sulla parte rimanente della mia vita.
Perché non si può dire che non ci abbia provato?
Eh, lei ha studiato troppo! Perché spesso, parlando in maniera freudiana, ho proiettato sugli incontri delle illusioni e delle costruzioni che non erano sostenibili da quello specifico accadere.
Tra testa e cuore che cos’è che vince?
Non vorrei dividerli. Una definizione che amo molto è quella di “intelligenza emotiva”. Siamo abituati a pensare all’intelligenza come qualcosa di freddo e razionale, che separa dal sentire, ma poi le decisioni che prendiamo mettono insieme le due parti. In questo momento per il pianeta e le nostre vite così rigido, pieno di paure, di costrizioni, mi auguro che il cuore possa rinnovarsi.
Le sue passioni più grandi?
Sicuramente la scrittura, che amo tour court. Mi piace scrivere libri, drammaturgie, format, fiabe per bambini, non mi tiro indietro davanti a nulla. Prima di questo periodo mi piaceva moltissimo viaggiare, conoscere altri modi di vivere, altre abitudini. Inoltre, mi piace conoscere e incontrare persone interessanti, uniche, non mancano mai di interessarmi.
Ha un posto del cuore, un luogo che per lei è casa?
Sì! La mia casa di Roma e la mia casettina di Capalbio che divido con mia sorella. Mentre mi sta intervistando sentirà gli uccellini, questo è un luogo bellissimo.
Che cosa pensa di Hannah Arendt? Perché non ha scritto nulla di questa filosofa così innovativa e profonda?
Guardi, in questo periodo la sto leggendo con molto interesse. Secondo me le sue riflessioni sul totalitarismo, all’omologazione, sono molto utili in questo nostro momento storico.
La storia d’amore di Hannah con Martin Heiddeger non l’ha interessata?
Avrei sempre voluto approfondire, ma ha vinto la sensazione che, come molte grandi donne, avrebbero potuto essere un passo avanti invece si ritrovavano ad essere uno scalino sotto.
Beh, un po’ come Simone de Beauvoir?
Bravissima, anche se c’è poco da banalizzare perché andando ad approfondire l’esistenza di Simone de Beauvoir e Jean Paul Sartre, ci sono tanti altarini, tanti racconti come quello sul traffico di studentesse che passavano da un letto all’altro. Non mi fa impazzire.
Un po’ troppo bohemienne?
Una situazione un po’ vampiresca, quando vado a leggere in maniera più approfondita questo aspetto mi respinge, seppur “Memorie di una ragazza perbene” per me rimane il capolavoro della mia adolescenza. Quando ho letto quel libro mi sono detta: “ecco cos’è un libro”. Non erano di certo i racconti dei Pirati!
E Il Piccolo Principe?
Mi sto accorgendo che molti lo trovano fastidioso e banale, invece lo adoro. Il bambino che sceglie una di coltivare una rosa, che parla con una volpe, è qualcosa di molto prezioso.
Conosce Piccolo blu e piccolo giallo di Leo Lionni?
No, non lo conosco, però mi sta dando un consiglio.
Prima di questa intervista mi sono letta la sua biografia, così per conoscerla un po’, tant’è che mi sono detta: “mi sembra di leggere Piccolo blu e piccolo giallo”. I suoi mondi, le sue narrazioni, i suoi lavori, le sue curiosità, i dolori, le attese, le delusioni, che si uniscono e abbracciano per poi separarsi di nuovo e andare a fare esperienza in altri luoghi, per poi ritrovarsi ancora, come se ci fosse il bisogno di trovarsi all’interno di un corpo unico. Ecco, l’idea che mi sono fatta leggendo la sua biografia è che lei fosse una persona dalle mille esperienze che alla fine torna sempre alla sua Itaca, possibile?
Infatti, il mio romanzo Otto parla di questo. Otto è il simbolo dell’infinito e questa storia parla delle infinite potenzialità della vita e della sua forza primigenia, l’amore. I protagonisti di questa lunga favola sono due, anche se si ritrovano, a loro insaputa, a rivestire i panni di otto vite diverse, amandosi costantemente attraverso i secoli. Prima sono Philippe e Olympia durante la Rivoluzione Francese: un libertino e una rivoluzionaria. Diventano Gabriel e William, due poeti romantici dell’800, poi Milena e Greta in un lager, per finire ad amarsi come Giacomo ed Elena, un uomo e una donna in posizione scambiata rispetto ai ruoli di partenza. Una sorta di “Orlando per 4” in salsa di Encyclopedie, una favola sull’amore, sulla passione, sulla resilienza. Ma chi si incontra nel viaggio ha un peso, fa la differenza, sono solitaria, a tratti socievole, spero non solipsistica.
Lei si considera un’artigiana dei sogni o una donna minimal?
Direi un’artigiana dei sogni anche se ricerco cose minimal che poi, diventano imponenti. Mi sono sporcata le mani parlando di John Keats, di Maria Maddalena, di Greta Garbo. Insomma, la mia immaginazione è sempre massimale, a volte sono minimal le modalità di realizzazione, che comunque mi entusiasmano sempre, per me l’essenziale è trovare modi per raccontare storie che arrivino ad altre persone.
Ultima domanda: da grande cosa farà?
Da grande farò l’astronauta alla ricerca della mia volpe e della mia rosa.
Ph: Barbara Gravelli