Chi fa teatro vive di applausi

Chi fa teatro sa bene quanto il legno sia la propria casa, quanto quell’atmosfera che si vive e respira è linfa vitale, quanto le emozioni siano quella carezza che ristora e rassicura. Il teatro è l’arte in assoluto che mette a diretto contatto attori e pubblico. Non c’è uno schermo che separa, tutto è giocato in presa diretta: emozioni, sensazioni, risate, lacrime, sospiri, parole, musica. Il successo di uno spettacolo sono gli applausi delle persone presenti in sala che possono essere scroscianti o meno. Sono come un piacere sessuale che sprigiona un’energia incontenibile. Tutto questo e molto altro ancora ben ce lo dice Massimiliano Buzzanca in scena con “Sotto lo stesso tetto”, una commedia in un atto scritta da Luca Giacomozzi per la regia di Massimo Milazzo. Compagni di viaggio di Massimiliano Buzzanca sono Claudio e Stefano Scaramuzzino. Le risate sono assicurate così come le riflessioni che emergono spontanee dal racconto. Massimiliano ci racconta questa straordinaria commedia senza svelare ciò che catturerà lo spettatore all’interno del gioco della sua trama recitativa.

    

Ciao Massimiliano, come stai?

Ho appena finito una partita di tennis, è un caldo tremendo, non mi posso più permettere certe cose.

Diciamo che è molto caldo, vuoi che ci sentiamo più tardi?

No, no tranquilla, spara, spara …

Finalmente tornati a teatro?

Ma meno male! Non se ne poteva più. Era diventata una cosa assurda. Non si può vivere senza il teatro.

Per chi fa il tuo mestiere è stata una grande prova?

Chi fa questo mestiere, anche se non lo ammetterà mai, vive di gratificazioni. Sono le gratificazioni che ti arrivano.

Da chi arrivano?

Se fai fiction sono quelle del regista che si congratula per il bel lavoro che hai fatto, se sei in teatro, come faccio io, il mio impegno lavorativo è sostanzialmente a teatro, è la gratificazione che ti arriva dal pubblico. Chi fa teatro vive di appalusi. Una cosa è il cantante che incide una canzone, c’è il tecnico del suono o la vendita del disco, cosa diversa è stare davanti a un pubblico e sentire che la tua canzone o la tua interpretazione è quello che al tuo pubblico piace. In teatro il pubblico è lì, dal vivo, lo vivi e lo percepisci.

Fino a poco tempo fa era anche un pubblico ridotto?

La pandemia imponeva un numero preciso a secondo dei teatri. Una cosa, infatti, è ricevere un applauso quando il teatro è pieno un’altra quando sono occupati metà posti. Senti la differenza. Adesso, che si sta senza mascherina è ancora meglio, si vedono i volti rilassati che si godono lo spettacolo, i sorrisi, le espressioni, l’applauso si unisce al sorriso ed è tutta un’altra magia. Allora tu cerchi di dare il massimo.

L’applauso, per un attore, che cos’è?

Non dico che sia come un orgasmo ma è vicino all’appagamento sessuale.

Quanto è difficile stare “sotto lo stesso tetto”?

Se dovessi parlare come il mio personaggio Marco ti direi: che pizza questi due fratelli! Uno più strano dell’altro. Uno mezzo scemo che vuole stare per forza nella casa di famiglia, anche se non ha mai conosciuto il padre e quell’altro, invece, che vuole subito i soldi della successione perché ha i suoi imbrogli e impicci, sta sempre senza una lira. Se ti parlo, invece, come Massimiliano Buzzanca è una delizia, lavorare con Claudio e Stefano Scaramuzzino, che sono due professionisti, due attori impareggiabili, due compagni di avventura con cui lavorare è veramente piacevole.

Raccontaci di più di questa triade di fratelli …

Con i miei due colleghi è come stare in famiglia, è un rapporto quasi fraterno, ci sentiamo molto più che colleghi. È divertente.

E lo spettacolo?

Lo spettacolo è basato su quello, sulla fratellanza. Sono tre fratelli che non si vedono da trent’anni, hanno un passato e delle situazioni ancora non chiuse, che non sono mai state chiarite. Con la morte del padre hanno la possibilità di incontrarsi, di scontrarsi, di ritrovarsi. È divertente e al tempo stesso commovente. Questo non te lo dice Massimiliano, ti riporto quello che il pubblico mi ha restituito. La gente che viene a vedere lo spettacolo riesce a divertirsi, a ridere, a commuoversi, ritrova le stesse dinamiche che si vivono tra fratelli.

Ma c’è di più?

Quello che fa ridere molto è che sono tre uomini di più di cinquant’anni che si ritrovano a vivere le stesse dinamiche di quando erano ragazzini. Riemergono le incomprensioni, gli scontri tipici dei ventenni, i loro punti di vista ancorati al là e allora eppure sono uomini maturi hanno cinquant’anni non sono più dei ragazzini. Purtroppo, non si sono mai potuti chiarire, hanno dei sospesi, questa è un’opportunità per chiarirsi, per rivedere antichi sospesi. A cinquant’anni un uomo è maturo, ha la sua strada, la sua professione, la sua collocazione nel mondo, in società invece si ritrovano a fare cose da adolescenti.

Quanto è importante il legame tra fratelli?

Sono tre fratelli che non hanno avuto un padre perché li ha abbandonati, a un certo punto è sparito dalla loro vita. Tuttavia, gli ha dato, con la sua morte, la possibilità di ritrovarsi.

Come a dire: il legame non si spezza mai?

Esatto, esatto. Un legame è spesso difficile da costruire. Tuttavia, questo padre pur nella sua assenza ha creato un legame. Da un padre che sparisce non ti aspetti alla fine il regalo immenso: di far ritrovare tre fratelli che non si vedevano da trent’anni. Non sempre nella vita accade.

Il padre nella sua assenza ha creato un legame?

Esatto! Il problema dell’eredità accomuna molte persone. Spesso discuti per cose stupide che portano poi ad allontanarsi invece che ritrovarsi come accade qui nella commedia. Sono discussioni infantili. Magari non hanno un vero valore. Sto parlando di quando non c’è un rapporto venale con quell’eredità. Poi ci sono quelli che invece hanno un vero e proprio rapporto venale nei confronti dell’eredità che pensano soltanto ad arricchirsi perché pensano: “mio padre, non mi ha dato mai un cavolo, almeno una volta morto mi risarcirà dal dolore sofferto”.

L’autore della commedia ha scritto uno spaccato reale di vita?

La commedia di Luca Giacomozzi l’ha pennellata, l’ha scritta benissimo, perché ha descritto perfettamente le dinamiche che si creano tra tre personaggi: uno vuole vendere, l’altro vuole trasformare, l’altro invece vuole mantenere. Tutto ruota intorno a questa dinamica: mantenere, trasformare e vendere. In questa triade nascono le discussioni ma anche le situazioni comiche. Lo spettacolo è un’ora e mezza di divertimento, non ti accorgi nemmeno del tempo che passa, arrivi alla fine con una rapidità disarmante, il pubblico non solo si diverte ma ha anche la possibilità di riflettere.

Il regista?

Devo dire che Massimo Milazzo, il regista, ha fatto una regia dove alla fine si è divertito anche lui.  Lo spettacolo ha un’atmosfera quasi da thriller. Ogni fratello aprendo le scatole s’immagina prima cosa possa esserci, alla fine scopre che c’è una cosa banale, è l’atmosfera che si crea nell’attesa di aprire una scatola, un armadio. È una sequenza continua di battute divertenti. La situazione è molto semplice, sembra quasi cabaret e invece ci divertiamo a mantenere tutto nella prospettiva della realtà della vita, di quando tu dici quello che pensi quando vedi una cosa. È divertente perché in qualche modo scopri un padre che non conoscevi. Avevi l’idea di quel padre ma non il vissuto, quindi è una persona tutta da scoprire.

Quando debuttate?

Sabato nove Luglio a Nettuno.

Poi andrete in tour?

Poi andiamo in giro, stiamo definendo adesso le date, dovremmo fare anche una data dell’estate romana. Una cosa è ormai certa: a novembre siamo al “Teatro Roma” a Roma.

C’è qualcos’altro in cantiere?

Sì, ci sono molte novità, tra cui la possibilità di portare alcune cose al cinema. Insomma, molte cose in cantiere che presto vedranno la luce.

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