Addio ad Antonello Fassari, l’anima silenziosa del teatro e della tv

È una di quelle notizie che arrivano come un sussurro, ma ti colpiscono al petto come un urlo. Antonello Fassari, attore romano classe 1952, si è spento a Roma all’età di 72 anni, lasciando un vuoto che nessun revival, nessuna replica, nessun “prossimamente” potrà mai colmare davvero. E no, non eravamo pronti. Anche se sapevamo, anche se qualcuno sussurrava di una malattia che lui, con quella sua consueta riservatezza, aveva scelto di affrontare nel silenzio più assoluto.

A voler essere sinceri, è straziante leggere oggi i commenti sulla sua pagina Facebook. C’è qualcosa di profondamente intimo, familiare, nel dolore dei fan, come se tutti avessimo perso un parente, un vicino di casa, un amico di vecchia data. Perché Fassari non era solo un attore: era una presenza. Una di quelle che non alzano mai la voce, ma restano scolpite nella memoria.

Il grande pubblico lo ricorda, ovviamente, come Cesare Cesaroni: burbero, brontolone, romanissimo, tirchio quanto basta da diventare leggenda. Ma chi lo ha amato davvero sa che dentro quel Cesare c’era un’anima stratificata, capace di accendersi di una tenerezza sorprendente, specie quando in scena c’erano Pamela o la piccola Matilde. Era un personaggio che avrebbe potuto essere una macchietta e invece è diventato un’icona, proprio grazie alla sua interpretazione fatta di mezzi toni, pause, sguardi. Di vita vera.

Ma Antonello era molto di più. Era Puccio in I ragazzi della 3ª C, era il “compagno Antonio” con l’eschimo in Avanzi, il comunista caduto in coma negli anni Settanta e risvegliato nel ’93: una trovata geniale che, nelle mani di Fassari, diventava una piccola poesia comica e politica. Era teatro, era varietà, era persino rap – sì, perché negli anni ’90 ha inciso anche un brano, Roma di notte, molto prima che andasse di moda mescolare cinema e musica urbana.

Diplomato all’Accademia Silvio d’Amico nel 1975, ha sempre avuto il dono raro del tempo comico e del silenzio. Quella capacità, quasi sacra, di stare un passo indietro, di non strafare mai, di non cercare la luce ma di meritarla. In un mondo dell’intrattenimento sempre più dominato dal rumore, lui era un attore del sussurro, della misura, della presenza elegante.

Claudio Amendola, con voce rotta, ha detto: «Ci era nota la malattia bastarda che lo aveva colpito, ma non eravamo preparati alla notizia. Per me è un pezzo di vita che va via». È difficile non essere d’accordo. Perché senza Cesare, i Cesaroni non saranno mai più gli stessi. Come vedere Totti senza la maglia della Roma. Un simbolo che va via, lasciando il campo vuoto.

E non è un caso che, anche oggi, Antonello se ne sia andato come ha vissuto: in punta di piedi, con quella sua classe antica che non ha mai avuto bisogno di riflettori. Nessun clamore, nessun addio in pompa magna. Solo un mare di messaggi autentici, profondi, commossi. Come quello dell’attore Ludovico Fremont, il “Walterino” dei Cesaroni: «Io te dico na cosa sola… grazie! E comunque, “che amarezza”!».

Eh già. Che amarezza. Perché se ne va un attore vero, uno di quelli che non fanno rumore. Ma che, quando non ci sono più, si sente fortissimo il silenzio che lasciano.

Psicologa, Psicoterapeuta, Criminologa, Giornalista, Blogger, Influencer, Opinionista televisiva.

Autrice di numerosi saggi e articoli scientifici.

Follow Me

Novità

ARTICOLI POPOLARI

Newsletter

Categorie

Edit Template
@Instagram
Lorem Ipsum is simply dumy text of the printing typesetting industry lorem ipsum.

Resta Connesso

NEWSLETTER

P.iva: 01809040510 – pec: dr.fabbronibarbara@pec.it | Cookie Policy | Privacy Policy
© 2025 Created with Love by Puntoweb Arezzo