“Roberta e basta” è un mondo nel mondo, dove l’arte si coniuga e declina con la vita in tutte le sue più originali sfaccettature. Ci sono alchimie perfette che ricamano e cuciono delle narrazioni emotive racchiuse all’interno di un oggetto che diventa, per chi lo acquista e prima ancora lo sceglie, un compagno di viaggio fedele e autentico. Dar vita alla magia che ogni casa racchiude è l’opera e l’impegno che Roberta, con il figlio Mattia, mettono nel loro lavoro. Un lavoro, il loro, che si tesse come un’importante opera d’arte, dove i chiari scuri mi mescolano ai colori intensi, le sfumature diventano attimi definiti e precisi, le angolazioni si trasformano in una dolce carezza ovattata dal gesto e dalla parola. Scoprire, cercare, intuire, scrutare, stimolare, invitare, giocare e creare sono alcune delle risorse che Roberta e Mattia nascondono nella loro tavolozza di colori che permette loro di dare a un sogno il suo spazio reale. Un’opera d’arte è qualcosa di unico e inimitabile, un po’ come loro, che insieme si amalgamano e individuano, si separano e uniscono, all’interno di quell’incontro dialogico tra sé, l’arte e l’altro.
Salve, sono Barbara, abbiamo appuntamento per l’intervista?
(Mattia) Ottimo, chiamo mia madre. Sono giornate piene. Sembra strano, ma sono davvero giornate impegnative.
Bene, bene è sempre positivo quando abbiamo tante cose da fare, da costruire e da organizzare.
(Mattia) Eccola, un attimo che inserisco il vivavoce. Abbiamo in linea la giornalista per l’intervista. Eccoci, ci siamo.
Perfetto! Buonasera.
(Roberta) Buonasera Barbara.
Allora, iniziamo così vi rubo pochissimo tempo, visto che siete impegnati.
(Mattia) No, no … è un piacere.
Come nasce “Roberta e basta”?
(Roberta) “Roberta e basta” nasce dalla conclusione di una mia precedente società. All’epoca condividevo l’azienda con un’altra ragazza, siamo state insieme per quasi nove anni, dopodiché abbiamo avuto delle divergenze che ci hanno portato a sciogliere l’azienda. La società aveva i nostri due nomi, così lei mi chiese di togliere il suo ed è venuto fuori “Roberta e basta”, al posto del suo nome.
Un’ottima scelta?
(Roberta) Non pensavo di mantenerlo, alla stampa piacque molto, così è rimasto. Da una separazione è nata una nuova esperienza lavorativa molto avvincente, “basta” ha un doppio significato, tanto da rivelarsi una scelta vincente sia in campo comunicativo sia d’immagine sia di indirizzo aziendale. È stata una scelta del momento che poi ha costruito negli anni una narrazione e una storia imprenditoriale di successo.
(Mattia) E adesso ogni volta che litighiamo mi dice: “com’è che ci chiamiamo? Adesso stai muto!”.
Il nome del negozio è una maniera per scherzare tra di voi?
(Roberta) Eh certo! Che cosa sarebbe la vita senza un po’ di leggerezza?
Perché scegliere oggetti d’arte così significativi ed evocativi in un mondo che spesso sceglie il mordi e fuggi, anche per arredare la propria casa?
(Mattia) La scelta degli oggetti importanti è strettamente legata a ciò che rappresenta l’arte: ovvero il per sempre. Cerchiamo di selezionare degli oggetti per i nostri clienti affinché loro abbiamo piacere di averli in casa sempre. non sono solo oggetti ma sono anche un investimento di denaro che nel tempo acquistano sempre più valore. Acquistare un oggetto d’arte è acquistare qualcosa che nel tempo aumenta il suo valore iniziale, un oggetto d’arte non è solo un bene artistico ha una valenza economica e di investimento significativa.
(Roberta) Come quando acquisti una borsa firmata, un gioiello, un capo di abbigliamento. Se hai un gioiello anonimo, lo vai a rivendere non ti danno nulla, viceversa se hai un Cartier piuttosto che un Van Cleef & Arpels, una borsa Chanel o una Hermès, hanno un valore commerciale, sei sicuro di poter contare su qualcosa che nel tempo non si è svalutato.
In questa epoca di crisi le cose sono cambiate?
(Roberta) È proprio in questo momento di crisi e di abbrutimento che le cose belle ti possono salvare.
(Mattia) In fondo il bello ci salverà!
L’arte che cos’è?
(Mattia) La bellezza dell’arte ha in sé mille e più risposte. Ognuno ha la sua idea, il suo concetto, il suo punto di vista riguardo all’arte. Per me è la possibilità di guardare con gli occhi di qualcun altro ciò che tu sei abituato a osservare, tanto che il suo punto di vista ti apre il cervello.
(Roberta) L’arte accarezza gli occhi di chi guarda. Riempie l’anima di felicità ancor più se riesci ad avere quell’oggetto che così tanto ti ha rapito. Non tanto per il possedere quell’oggetto piuttosto per provare quell’emozione che nasce all’interno della persona.
Ovvero?
(Roberta) Se guardo un quadro che mi restituisce qualcosa sono felice, se invece non mi trasmette nulla passo oltre alla ricerca di quel significato emotivo che stimola in me una risposta evocativa.
Le persone amano ancora l’arte tanto da farla entrare nella propria casa?
(Roberta) Viviamo in un mondo assediato da situazioni dolorose, abbiamo sia una pandemia in corso sia un conflitto bellico, le persone hanno bisogno dell’arte, si rifugiano in essa alla ricerca di uno spazio emotivo rassicurante e accarezzante che sia stimolo e risorsa, motivazione e speranza.
(Mattia) Non solo, l’arte ha l’incredibile qualità di non essere omologata e omologabile. In questo mondo dove tutto è omologato, se sbagli una parola vieni trucidato da quelli che non la pensano come te, tanto da non essere degno di attenzione, il poter evadere con un’opera è assolutamente fondamentale.
C’è di più?
(Roberta) Il problema è che i giovani hanno il telefonino come arte, finché non si distaccheranno da quella cosa lì non vivremo bene gustando il bello che ci circonda e la creatività degli artisti e delle menti creative.
Una buona genitorialità aiuta ad apprezzare l’arte?
(Roberta) Assolutamente si! C’è un 90% di responsabilità da parte del genitore affinché nel figlio nasca l’amore verso l’arte, la cultura. I genitori di oggi non sono stati educati a fare i genitori, soprattutto a fare i figli. Un figlio è una responsabilità, va educato all’arte e alla cultura, va sensibilizzato al bello che ci arriva sia dal passato sia dal presente dell’arte. Senza arte la vita che cosa sarebbe?
(Mattia) Nella genitorialità includerei anche la cultura scolastica e la capacità dell’insegnante di educare all’arte, cosa questa assolutamente mancante nel nostro tempo. È triste constatare che il XX secolo nelle scuole non venga quasi assolutamente toccato, è un periodo in cui ogni dieci anni c’è un cambiamento culturale e artistico significativo. Spesso quando si parla di arte i ragazzini, gli adolescenti pensano sia una cosa noiosa, da tenere lontano. Invece, se la conosci, se l’apprezzi, tutto acquista una declinazione diversa. Lo vedo in mio figlio che ha dieci anni ed è stato educato all’arte, tanto da non perdere una mostra.
(Roberta) Noi lo abbiamo educato al bello e all’amore dell’arte. L’arte non è solo il quadro, la scultura, è anche la musica, l’opera, un paesaggio, un incontro che regala emozione.
Nel corso del tempo la clientela è cambiata?
(Mattia) Si, molto.
Perché?
(Mattia) Prima si facevano le case perché si veniva fuori dalla guerra per cui la casa borghese, ricca doveva ostentare, adesso l’ostentazione si è trasformata a favore di un benessere all’interno della casa, cosa questa rafforzata dal periodo pandemico che abbiamo vissuto e ancora viviamo. Quindi, c’è il bisogno di dare libertà alle proprie passioni, che non necessariamente sono blasonate, ma rendono felici.
Quindi la casa è diventata il luogo della cura dell’anima?
(Mattia) Il nido.
(Roberta) La culla, il nido, la pancia della mamma. Questa trasformazione l’ha portata la pandemia, prima le persone amavano più viaggiare, frequentare locali, ristoranti, adesso la casa è il proprio mondo protettivo. Stando in casa un anno senza uscire le cose sono decisamente cambiate. Le persone hanno sentito la necessità di modificare la propria casa rinnovandola e arricchendola. Stanno curando di più la casa rispetto ai viaggi, ai ristoranti, ai vestiti, ai gioielli, questo è molto bello.
(Mattia) La casa è l’unica sicurezza in tempi così insicuri, tanto da essere essenziale.
Qual è il vostro cliente tipo?
(Mattia) Non c’è un cliente tipo. Abbiamo un ventaglio variegato di clientela.
Ci potete dare un’idea?
(Mattia) Ci sono quelli che non scelgono, mandano gli architetti, avendo la fortuna di avere varie proprietà, così l’architetto fa tutto, compresa la scelta della biancheria di casa. Poi ci sono quelli che non si fidano, sono maniacali, scelgono fino all’ultimo oggetto in maniera minuziosa, controllando ogni piccola sfumatura della cosa scelta, dal cassetto alla serratura, dal graffio alla piega, dal colore alla luce. Abbracciamo una tipologia enorme di clientela di tutto il mondo e soprattutto di tutte le età, abbiamo un pubblico molto giovane.
(Roberta) Per fortuna non abbiamo solo clienti anziani.
È molto bello sapere che la gioventù apprezza l’arte e le cose belle?
(Mattia) Devo dire che questo è stato il grande risultato di mia madre che ha compreso molto prima degli altri dove stava andando l’arte. Uno pensa che l’arte sia una cosa ferma, statica, in realtà l’arte è in evoluzione, ci sono le mode nell’arte, e mia madre ha sempre compreso dove stavamo andando, anticipando i tempi, le mode, i gusti. Così riesce a offrire al pubblico giovane quello che cercano.
Adesso dove siamo?
(Mattia) Adesso siamo “all’effetto Wow”.
(Roberta) Anche quello più sofisticato ricerca qualcosa che abbia “l’effetto Wow” unendo dei pezzi moderni con qualcosa dal sapore del passato.
(Mattia) Vengono messi insieme più stili, per raggiungere, quando lo guardi, l’effetto Wow.
Che tinte scelgono?
(Roberta) Oggi va molto il colore. I mobili colorati, anni fa, erano impensabili, adesso lo accettano, lo cercano, sono incuriositi dal colore.
(Mattia) Basta ricordare il tempo del minimalismo, dove c’era giusto il minimo indispensabile, poi, dopo un anno, correvano da noi per cercare qualcosa da mettere nelle case.
(Roberta) Prima andavano dallo psicologo!
C’è mai stato un cliente che vi ha dato le chiavi di casa dicendo: fate voi?
(Mattia) Tantissimi, ancora adesso. È una cosa abbastanza comune, un classico. Non è mai: “fate voi”. Non siamo architetti. Lavoriamo molto con il cliente cercando di cogliere il suo bisogno, il suo sogno, il suo desiderio tanto da trasformare il tutto in realtà tangibile e godibile. L’importante è coinvolgere il cliente, farlo sentire parte attiva di questa creazione, in fondo è casa sua, il suo spazio intimo, la sua zona confort. Ci sono clienti che hanno paura di esprimere ciò che vorrebbero così noi li aiutiamo a tirar fuori il loro desiderio affinché sia possibile renderlo reale, vivibile, fruibile.
C’è un grosso lavoro psicologico?
(Mattia) È fondamentale conoscere bene il cliente, passarci del tempo, ascoltarlo per capire cosa realmente vuole.
Quanto è difficile in un’azienda il cambio generazionale? Lavorare madre-figlio credo sia un bell’impegno?
(Roberta) Dipende dalla mamma e dipende dal figlio!
Bellissima risposta, grande consapevolezza!
(Mattia) A mia madre è andata malissimo!
Perché?
(Roberta) Praticamente io ho diciotto anni e lui ottanta.
Favoloso! Comunque entrambi portate qualcosa di significativo che appartiene a ognuno di voi all’interno dell’azienda?
(Roberta) Soprattutto noi stessi.
(Mattia) Devo dire che la grande capacità di mia madre è stata quella di lasciarmi a briglie sciolte. Non dovevo rendere conto a nessuno. Mi ha lasciato fare anche degli errori che sono stati fondamentali per crescere. Se li fai prima non li fai dopo!
Grande fortuna avere una madre come Roberta?
(Mattia) Assolutamente.
Un aneddoto?
(Roberta) Ce ne sono diversi.
(Mattia) È simpatico quello sulla casa che è uscita su “La mercante di Brera” dove il cliente ci ha lasciato carta bianca e noi, dopo vari tentativi, abbiamo realizzato ciò che desiderava. Quello che si vede ne “La mercante di Brera” è la verità.
(Roberta) È la nostra vita, noi siamo così come ci vedono i telespettatori ne “La mercante di Brera”.
(Mattia) Abbiamo avuto un cliente messicano molto importante, lui produce tequila. È arrivato con l’aereo privato, quando è ripartito eravamo preoccupati che l’aereo non riuscisse a decollare per quanto aveva acquistato. L’aereo era così stipato con qualsiasi oggetto, opera d’arte che non c’era più posto nemmeno per uno spillo.
C’è un oggetto che desiderate ma ancora non avete trovato?
(Roberta) Devo dire che ho molta fortuna, quando desidero una cosa arriva sempre, c’è qualcuno che me la propone.
(Mattia) Al limite della stregoneria!
I sogni son desideri …
(Roberta) Esatto! I sogni son desideri che si avverano.
Quanta magia e grazia c’è in un oggetto d’arte donato all’altro?
(Roberta) Assolutamente pieno di magia e di cose positive.
(Mattia) Il regalo è una situazione un po’ borderline, perché alla fine quando lo regali non gli dai il prezzo, viceversa quando lo acquisti sai quanto è il suo valore, puoi anche fare un sacrificio per acquistarlo, gli porti rispetto. Quando lo ricevi le persone hanno meno rispetto dell’oggetto soprattutto se non comprendono…
(Roberta) Il valore.
Perché?
(Mattia) Semplicemente perché non l’hanno pagato.
(Roberta) Non c’è il sacrificio. Non c’è il sogno. Non l’hanno desiderato.
Voi regalate sogni?
(Roberta) Si!
(Mattia) Assolutamente si!
Da grandi, che cosa farete?
(Mattia) Abbiamo intrapreso dei progetti televisivi che stanno funzionando molto bene, ci danno una gioia pazzesca. Desideriamo continuare sia con la televisione sia con altri progetti, visto il successo che stiamo riscuotendo.
Volete aggiungere altro?
(Roberta) Ci ha fatto molto piacere sentirti e ci farebbe molto piacere se la nostra conoscenza continuasse nel tempo.
(Mattia) Davvero! Siamo molto felici di averti conosciuta.