Un viaggio d’amore che, esperienza dopo esperienza, diventa perfetto

Con ogni uomo viene al mondo qualcosa di nuovo che non è mai esistito, qualcosa di primo e unico (M. Buber)”. Daniela Poggi ha portato e porta nel suo essere nel mondo qualcosa di nuovo, qualcosa che la rende prima e ultima. L’amore che mette in ogni esperienza della sua vita richiama l’amore intenso narrato da Martin Heiddeger poiché, lei ben sa, che: “l’amore è un’esperienza più ricca di qualsiasi altra possibile esperienza umana e un dolce fardello per coloro che sono presi dal suo abbraccio? Perché diventiamo ciò che amiamo ma rimaniamo anche noi stessi (M. Heidegger)”. Questo è il viaggio d’amore all’interno del suo viatico vissuto che l’ha portata oggi a creare Bottega Poggi. Il suo modo, generoso e gentile, di ringraziare la vita con tutte le sue declinazioni e i suoi abitanti. Daniela ha l’innata capacità di tendere una mano, sempre e comunque, per questo e per molto altro ancora, è ambasciatrice non solo di Unicef ma di altre organizzazioni umanitarie. “Questo è il modo in cui l’amore inesorabilmente intensifica il suo segreto più intimo”, per interpretarla con una visione heideggeriana. In fondo, come Daniela sa che “Un destino umano si dona a un altro destino umano, e il compito del puro amore è di mantenere questo dare così vivo come lo era nel primo giorno (M. Heidegger)”. Il nostro incontro è stato un viaggio nel viaggio alla scoperta di due mondi apparentemente lontani che si sono intersecati e riconosciuti con la significante cifra del dialogo.

Cara Daniela, sei attrice e conduttrice di programmi televisivi di successo, ma tu chi sei?

Oh, che domandona! Sono una persona che cerca di pensare. Sono una donna, in una sola parola: una persona.

Forte e determinata, delicata e gentile, passionale e vera, aggiungo io! Raccontaci la tua prima esperienza di attrice?

A 15 anni ho interpretato Andromaca di Jean Racine, in francese. All’epoca ero in collegio.

Cosa ricordi?

Ho vissuto, per la prima volta, la vita di un’altra persona. Ho capito che c’era qualcosa di strano in me.

Cosa significa “c’era qualcosa di strano”?

A 15 anni entrare nella vita di una donna adulta che soffre, che prova un dolore enorme per un tradimento, per la morte di un figlio … ecco capirla, viverla, darle voce e anima è stata un’esperienza intensa che ha schiuso la percezione di qualcosa di particolare.

Cosa hai pensato?

Che non ero una ragazzina normale, non pensavo solo alla mia vita da adolescente ma c’era qualcosa in più. Ero un po’ particolare.

Perché sei stata in collegio?

Sono stata in collegio in due periodi distinti della mia vita: il primo periodo tra i 7 e gli 11 anni, vivevo una parte in collegio e l’altra fuori. Dopodiché ho fatto altri tre anni vivendoci, volevo studiare lingue.

Com’è l’esperienza del collegio?

Quando sono entrata frequentavo la seconda elementare, è stato devastante, molto doloroso, sono riuscita a convincere mia mamma a tirarmi fuori, così passavo metà giornata lì e l’altra fuori. I miei genitori erano separati, c’era una situazione complicata. La seconda volta, invece, la ricordo con soddisfazione. È stata un’esperienza anche goliardica, di grande cambiamento, una prova di autonomia e indipendenza, di ribellione e resilienza, di anarchia. Ho capito che nulla poteva sopraffarmi, che non poteva esserci niente e nessuno che mi avrebbe messo i piedi in testa, a meno che non lo scegliessi io.

Quando hai deciso di fare l’attrice?

Non credo di avere mai deciso, mi sento come una foglia che è stata trasportata dal vento, sono stata messa lì. Il mio sogno era quello di conoscere il mondo e soprattutto capire le persone, per questo ho studiato lingue, ho continuato a formarmi come interprete parlamentare e traduttrice.

Invece?

Non riuscivo a vivere in una società che mi imponeva delle regole che non si confacevano al mio modo di essere, così sono andata a fare la GO al Club Mediterranée in Tunisia. Sono stata via un anno. Nel Club mi hanno scelto per fare gli spettacoli serali agli ospiti. Da lì ho iniziato … seppur il palcoscenico, la passerella sono sempre stati mondi abbastanza frequentati nella mia gioventù.

Cosa hai fatto?

Ho iniziato a fare le sfilate che ero una bimbetta, avevo 7 anni, ho sempre continuato fino a 19 anni. Sono sempre stata posizionata in un mondo visibile all’altro sia recitando sia indossando un abito per una sfilata sia per comunicare qualche cosa.

Il tuo impegno nel sociale è intenso, sei ambasciatrice dell’Unicef? 

Nella vita ho sempre cercato di prendere una posizione, non sono una vigliacca, forse è l’unico difetto che non ho. Sono una che ha sempre lottato per la giustizia sia per un’equità, una condivisione, ci ho sempre messo la faccia, mi sono sempre rimboccata le maniche, sono stata in prima linea a difendere un po’ tutto e tutti. Per questo sono stata nominata ambasciatrice dell’Unicef nel 2000. Sono anche testimonial di altre organizzazioni umanitarie.

Cosa hai fatto per l’Unicef?

Due missioni in Africa.

Una profonda dedizione all’altro?

Ognuno di noi, famoso o non famoso, ha il dovere di dividere la propria vita tra i propri impegni di vita privata e il resto del mondo. Altrimenti ti sei guardata l’ombelico e la punta dei piedi, e lì finisce il tuo mondo!

 

Il tuo più bel “viaggio d’amore”?

Il mio più bel viaggio d’amore l’ho fatto per raggiungere un ragazzo colombiano dopo che avevamo vissuto una storia d’amore meravigliosa, avevo 20 anni. Dall’Italia sono partita per la Louisiana vivendo con lui per un periodo. Tutto molto meraviglioso perché c’era la gioventù. Eravamo due persone completamente diverse l’una dall’altra che avevano solo voglia di amarsi. E poi c’era l’amore giovanile che rende tutto possibile, perché non hai ancora i fantasmi dentro di te.

Perché “Non si paga Social Theatre”?

Il cortometraggio!

Esatto.

Ti ringrazio che me lo chiedi. Ho vinto un bando ministeriale sul tema di quanto il teatro può essere importante come riscatto da una situazione di indigenza. Avevo già scritto la sceneggiatura di un film da girare in Mozambico, tratta da un libro di Henning Mankell. Avevo scoperto che viveva la sua vita tra la Svezia e Maputo, faceva parte del teatro Avenida. Lì aveva messo in scena “Non si paga, non si paga” di Dario Fo. Quindi, quando ho scritto il cortometraggio mi è venuto in mente di andare a girare a Maputo, per significare il riscatto di alcuni personaggi se avessero partecipato a quel cortometraggio oltre che al Social Theatre.

Hai altri progetti come regista?

Ho fatto già un altro cortometraggio “Viaggio d’amore”.

Esatto era la mia domanda di prima!

Non c’ero arrivata, grazie. Quello è un altro amore, io invece sono andata subito all’amore donna uomo. È un viaggio d’amore che ho dedicato a mio padre. È stato un percorso subliminale.

Dopo la tempesta c’è sempre la quiete?

È uno shooting che abbiamo fatto con Ciro Formisano, il regista  del film L’Esodo, è una surprise di cui non posso ancora parlare, deve essere ancora completato. È un videoclip che sarà unito a una situazione canora, di più non posso dire.

Quanto nei tuoi momenti intimi ti sei detta “ricordami”?

Sempre, di continuo. Ho iniziato da prima ancora della malattia di mia madre. Non so per quale motivo ma ho sempre pensato: “ma il giorno che non ci sarò più, mi ricorderanno, qualcuno si ricorderà di me?”.

E la risposta?

Per tanti anni è stato un pensiero fisso, poi in questi ultimi anni, dopo aver scritto il libro, ho pensato che non sia così importante. Oggi per me conta più fare qualcosa per gli altri, poi, saranno loro a decidere se e come ricordare.

Nel fare c’è anche Bottega Poggi?

Nel fare c’è Bottega Poggi. È una società appena costituita con grande paura perché è come se avessi piantato 100 ulivi. Dirai: “bellissimo!”. Invece no! Perché quando pianti 100 ulivi li devi piantare giovani, così con gli ulivi giovani arriva il timore di non riuscire a seguirli tutti.

È un’esperienza meravigliosa?

Sì ma faticosa! Mi sta bruciando i giorni, li dedico totalmente a questo nuovo progetto.

 

Ti è mai capitato di fare “Passi affrettati”?

Si, si … perché sono istintiva. “Ho sbagliato tante volte sai …”. L’istinto mi porta sempre e comunque ad agire a modo mio senza pensare prima. Forse anche in amore ho fatto passi affrettati.

Perché?

Pur essendo una del Nord sono molto passionale.

La cosa che più ami fare? 

Guardare il cielo. La prima cosa che faccio ogni giorno appena mi sveglio. Ho bisogno di guardare il cielo, di guardare in alto. I miei occhi devono guardare sempre in alto e respirare. E poi abbracciare Lillo, il mio principe peloso e bianco. Coccolarlo all’infinito e stare all’aria aperta. Ho bisogno di luce, di spazio e di aria.

Quello che non avresti mai voluto fare nella vita?

Non credo ci siano cose che non avrei voluto fare nella vita. Diciamo che c’è ma non posso dirlo, morirà con me.

Ultima cosa: da grande cosa farai?

Sai che è una domanda che mi pongo tantissimo anche io. Da grande incontrerò una persona meravigliosa e viaggerò tantissimo con lo zaino in spalla, facendo forse anche l’autostop, perché quel sogno di conoscere il mondo, di parlare tutte le lingue, cercare di capire tutti quelli che incontro, è rimasto sempre dentro di me. Da grande farò questo!

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