Siamo tanti Ulisse nella grotta di Polifemo

La vita è grazia e mistero, ricerca e approdo, conoscenza e significato. Nella declinazione della vita si ricama il dialogo intimo e solitario di una narrazione esistenziale che diviene segno, traccia, destino e possibilità. Solo all’andare si fa il cammino perché l’esistenza non si può arrestare se non con l’ultimo respiro. Riccardo Romagnoli fa della sua vita un itinerario avvincente e denso di incontri e scoperte. La ricerca del significato esistenziale del suo essere nel mondo l’ha portato a esplorare luoghi, persone, situazioni che, di volta in volta, vengono condivise con l’altro attraverso la sua produzione narrativa. I suoi appunti di viaggio sono un diario intimo di presenza e conoscenza. È in libreria con il suo ultimo lavoro: “Intimissimi”. Un romanzo dalle sfaccettature legate al chiaro scuro della vita nella continua oscillazione tra l’amare e l’essere amati, tra il volere l’amore e il non sentirlo nelle proprie viscere, tra il rifugiarsi nell’amore alla ricerca di uno spazio intimo per sé stesso. Riccardo Romagnoli si racconta.

Pronto, Riccardo, sono Barbara Fabbroni, ti chiamo per l’intervista, credo ti abbia avvisato Elisa.

Sì, sì, infatti, stavo aspettando, qui seduto comodamente sul divano.

Allora iniziamo, raccontami di te?

Sono nato a Firenze, ho abitato a Milano per quasi 35 anni, adesso sono tornato in Toscana. Vivo a Pistoia. Sono laureato in filosofia e psicologia. Ho insegnato storia e filosofia, soprattutto ho viaggiato molto.

Dove sei stato?

Sono stato un po’ dappertutto. Ho girato tutti i continenti. Viaggiare è una mia grande passione. Ho scritto un libro di racconti di viaggio sul Brasile, è alla sua seconda edizione cui ho aggiunto una serie di racconti sull’Amazzonia. Nella prima edizione non ero ancora stato in Amazzonia, in seguito è stata fatta questa aggiunta.

L’elemento del viaggio è una costante nei tuoi lavori letterari?

È un elemento che compare costantemente nei miei scritti.

Quando pubblichi il tuo primo lavoro?

Il mio romanzo d’esordio “Il diciottesimo compleanno” (Transeuropa Edizioni) risale al 2012.

Sei stato scoperto come scrittore da Antonio Moresco?

Lo avevo contattato, poi sono riuscito a incontrarlo mentre stava tenendo una lezione. Gli ho fatto avere il mio primo libro. A lui piacque, fece uscire alcuni pezzi su “Primo amore” la sua rivista online. Moresco mi ha sostenuto nella pubblicazione.

Come ha accolto il pubblico il tuo lavoro?

È stato un buon esordio, ho avuto soddisfacenti riscontri sia dalle vendite sia dalla critica. Il mio primo romanzo ebbe delle buone recensioni sia su La Repubblica sia sul Corriere della Sera. Diciamo che ha avuto una certa eco.

E poi?

Nel 2015 esce “Post Coitum – Giornate fiorentine” per Morellini editore, un’antologia di racconti con la prefazione di Vanni Santoni. È del 2018 e del 2021 (seconda edizione aumentata) la pubblicazione di “Brasile (qualcosa del)” che raccoglie racconti di viaggio pubblicato sempre da Morellini editore. Dal 1° aprile sarò in libreria con un nuovo romanzo dal titolo “Intimissimi”.

Il tuo secondo lavoro ha un titolo hot?

Post Coitum – Giornate fiorentine” non è come può far pensare il titolo solo un romanzo erotico, sono racconti ambientati a Firenze che narrano il momento successivo all’amore, all’atto sessuale in sé. È un post atto di due persone che si amano, che hanno fatto bene l’amore.

Poi arriva il libro di racconti di viaggio, di cosa parla?

È un po’ la mia storia di scrittore viaggiatore. Ho viaggiato molto per il mondo anche se adesso ho deciso di stabilirmi in Toscana, a Pistoia. Mio marito invece vive oltreoceano, in Argentina, aspettiamo che il matrimonio venga registrato in Italia.

Per te che cosa rappresenta il viaggio?

Amo viaggiare da solo. Sono un viaggiatore solitario. Vivo la bellezza di essere straniero. Il piacere di questo tipo di viaggi è quello di essere stranieri e, quindi, di non essere nessuno, devi costruire tutto nel tuo itinerario, nei tuoi incontri comunicativi. La bellezza sta nel fatto che puoi presentarti per quello che sei senza zavorre.

L’ignoto nell’ignoto?

Sì, sì. A ciò si aggiunge anche il fatto di dover parlare una lingua che non è la tua, che racconta una nuova identità straniera agli abitanti di quel territorio.

La vita si fa solo andando?

Sì, in effetti. Ho iniziato tardi a viaggiare, all’inizio avevo un po’ di timore. Viaggiando da soli, ci sono maggiori paure rispetto a quando si viaggia in gruppo o con un’altra persona. Però quando ho iniziato ho capito che era la mia dimensione. Forse non a caso mi sono sposato con un uomo che vive a 12.000 km di distanza in un paese diverso dal mio con una cultura diversa dalla mia. Per me un giorno di viaggio vale come una settimana, un mese di non viaggio, perché è l’intensità di quello che si vive insieme non la quantità.

Secondo te esistono le affinità elettive?

Certo che esistono le affinità elettive.

Ritornando al viaggio, ogni vita vera è incontro?

Sì, anche se credo si debba avere il coraggio e la forza di stare anche da soli, come ti ho detto sono una persona solitaria.

La solitudine che cos’è per te?

Incontrare sé stessi, conoscersi, attraversare mondi nuovi alla scoperta di sé. Mi piace stare con gli altri anche se ritengo che stare da soli sia importante e molto creativo.

Se ti fermi un attimo che cosa può accadere?

Difficile rispondere, la mia vita è sempre stata vissuta con grandi movimenti. Diciamo che suddivido la mia esistenza in due tempi: uno in cui sto abbastanza fermo in un luogo, l’altro in cui viaggio molto, scopro, sperimento, ricerco. In ognuna di queste dimensioni trovo i giusti stimoli e le giuste motivazioni, entrambi sono fondamentali per me.

Perché hai scelto di vivere a Pistoia?

Sono nato a Firenze, dopo aver vissuto tanto a Milano avevo bisogno di una città piccola a misura di persona. Pistoia è una bella città d’arte, molto viva e ricca di eventi culturali, vicina a Firenze, al mare, alla montagna, in più qui abitano i miei parenti.

Perchè ogni giorno mancano sempre 10 minuti alle 21?

Non ho capito.

L’ho letto nel tuo libro ogni giorno mancano sempre 10 minuti alle 21, perché?

È uno snodo importante del romanzo, bene non svelare tutto.

Ti capita mai di avere nostalgia?

La nostalgia è normale, scontata. C’è la nostalgia della giovinezza, del tempo passato anche se mi sento molto meglio adesso di allora.

Il mondo intero è una ribalta?

Lo è diventato in questi ultimi decenni. Il mostrarsi sui social, gli strumenti di comunicazione che mettono in primo piano la vita e l’essere, l’apparenza e l’apparire, non siamo nient’altro che attori. Shakespeare aveva intuito la mondanità che avremmo avuto nei tempi avvenire, la sua metafora che siamo attori in un teatro, nel teatro della rete è quanto mai valida.

Torniamo al tuo libro “Intimissimi”, raccontaci qualcosa?

Il titolo del romanzo, come avrai ben compreso, gioca sul nome di un famoso brand di biancheria: Intimissimi. È una storia intensa, riflessiva, profonda, emozionante con un fil rouge che accarezza l’anima e il cuore.

È una scelta strategica pubblicitaria?

No! I due protagonisti s’incontrano la prima volta davanti a un negozio Intimissimi. Il nome ha un significato profondo, definisce quello che è l’incontro, l’unione tra due persone molto vicine, in gran contatto tra di loro. Il titolo, inoltre, si collega bene con la copertina del libro.

Ovvero?

La copertina è l’opera di un artista morto una ventina di anni fa, poco conosciuto, ma le sue opere sono di un significato intenso. Sto parlando di Enrico Arfa, secondo me un artista visionario e al tempo stesso geniale. Il dipinto che ho scelto per la copertina è una sorta di anatomia umana a tratti anche terrificante, volevo creare questo contrasto tra il termine Intimissimi che richiama il glamour con la figura del dipinto che mostra la tragicità dell’esistenza nella sua continua oscillazione mondana.

Cosa narri in “Intimissimi”?

È una storia d’amore a tutti gli effetti. I protagonisti sono due uomini: uno maturo, l’altro giovane. Si amano, sono appassionati, si desiderano, vivono la loro sessualità, c’è affettività, c’è sentimento, c’è una comunione di parola, molto forte. Amano parlare di sé stessi parlando del mondo, parlando della vita. Diciamo che la dedica iniziale racchiude il senso e il significato di Intimissimi e di questa storia d’amore che si dipana in una Milano dei nostri tempi. Il tutto è intrecciato in una struttura narrativa, comunicativa, linguistica personale e destrutturata da quella comune che si trova nei romanzi. Questi due uomini che si amano non hanno un nome, sono uno, nessuno o centomila. Sono come tanti Ulisse nella grotta di Polifemo.

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