Sarà in scena dal 7 al 17 novembre 2024 al Teatro Marconi lo spettacolo “Regine di cartone” di Marina Pizzi, con Angiola Baggi, Mirella Mazzeranghi, Maria Cristina Gionta per la regia di Silvio Giordani, scene di Mario Amodio, costumi di Lucia Mariani, musiche originali di Stefano De Meo.
Il testo di Marina Pizzi racconta con delicatezza ed umorismouna storia di emarginazione e riscatto, la storia di tre donnesenzatetto, senza casa o fissa dimora per le quali si usa a volte la parola francese clochard, altre volte l’inglese homeless o l’italiana barbone.
Gina una donna stanca, senza età, ex attrice di teatro, Tontasessantenne all’apparenza dolce e remissiva, pronta sempre a sdrammatizzare e Ruvida ex prostituta caustica ed intelligente dal passato turbolento, hanno varcato quel limite oltre il quale si perde il rapporto con la società e si entra in una specie di limbo affettivo e sociale. Non si riconoscono più i presunti valori della nostra civiltà e questa è, in genere, la prima tappa del processo di scollamento. Spesso il primo gradino consiste in un trauma psicologico o sociale, poi può esserci la perdita o il danneggiamento di relazioni affettive significative. In altri casi sono la violenza subita o altre esperienze traumatiche a lasciare una delusione radicale nei confronti del mondo. Inizia, quindi una fuga vera e propria dalla società che finisce per comportare emarginazione e il soggetto più fragile si adatta psicologicamente al cambiamento, alimentando le proprie convinzioni negative sugli altri e su se stesso. Il famoso sociologo William Thomas della scuola di Chicago spiegò che “Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse diventano reali nelle loro conseguenze”.
In altre parole non conta più il dato oggettivo degli avvenimenti ma “come vengono percepiti e interpretati dal soggetto”.
“Oggi più che mai, il Teatro ha il dovere di mettere la sua lente d’ingrandimento sulla realtà problematica che ci circonda. Questa volta lo fa coinvolgendoci. Si pensa, ci si commuove, si ride persino, ma soprattutto ci si immedesima nella sofferenza altrui per poi provare un genuino desiderio di alleviarla.
In futuro sarà sempre più necessario offrire pari opportunità a tutti, lavorando a tutela dell’uguaglianza, con interventi di protezione verso le fasce più deboli, per riuscire finalmente a condurre la nostra società verso una forma di sviluppo globale possibile solo con la condivisione. Uniti per un mondo dove niente e nessuno rimanga indietro. Utopia? Forse. Ma oggi sentiamo la necessità di provare a costruire una società migliore” ci racconta il regista Silvio Giordani. Abbiamo intervistato Maria Cristina Gionta.
“Regine di cartone” un’opera intensa e particolare…ci racconti esperienza con questo progetto.
Nell’affrontare il progetto spettacolo di Marina Pizzi “Regine di cartone” ho provato un profondo coinvolgimento. E’ una storia di donne senzatetto, emarginate dalla società, che non si riconoscono più nei presunti valori della nostra civiltà e che ormai vediamo praticamente ad ogni angolo delle nostre città gettate su un mucchio di cartoni o avvolte in vecchie coperte. Penetrare in quel processo di scollamento e di fuga che porta a vivere “per strada” è stato, per me, emotivamente molto profondo. E’ stato come entrare in una specie di limbo affettivo che ha messo a nudo anche le mie personali fragilità. Si tratta di un’opera intensa che ci può trasportare, quasi inevitabilmente, in una realtà separata. Si pensa, ci si commuove, si ride persino, ma alla fine ci si porta via soprattutto la capacità di sentire la sofferenza degli altri. E questo non è cosa da poco.
Perché “Regine di Cartone”? …in ogni città c’è un posto in cui il cognome non ha importanza…qual è il significato?
significa che vi sono dei luoghi di marginalizzazione dove si perde il significato della propria identità e si scivola in un limbo sociale senza documenti e senza più identità. Lo spettacolo sfonda la quarta parete e dà al pubblico la possibilità di “sporcarsi” con le problematiche delle tre protagoniste. Ci sarà infatti spazio per un “gesto” del pubblico che potrà “donare” qualcosa alle tre senzatetto.
L’emarginazione non è sempre legata a un riscatto di vita eppure in quest’opera sembra accadere, come si trova la strada per uscire dal buio?
E’ molto difficile il riscatto, quasi impossibile uscire dal buio dell’emarginazione. Nella commedia si vuole dare una speranza nella condivisione. Nessuno ce la fa da solo. Insieme, forse….
Qual è il senso dentro alla vita di un clochard?
Nella vita dei senzatetto non ci si riconosce più nei presunti valori della nostra società o addirittura della nostra civiltà. Traumi psicologici, danneggiamento di relazioni affettive, violenze subite, sono spesso la molla di un principio di scollamento.
Che ruolo interpreta?
Interpreto il personaggio di Ruvida. Aggressiva e con profonde carenze affettive dovute ad una famiglia sbagliata, a una madre matrigna, precipitata giovanissima in amori sbagliati e violenti e poi nel circolo vizioso della droga. È una vera gatta randagia, rabbiosa e pericolosa, ma con un cuore grande ed imprevedibile.
Le sue due compagne di viaggio che ruolo interpretano?
Angiola Baggi è Gina, una ex attrice con un’ esperienza traumatica dovuta all’abbandono da parte del marito ed alla morte del figlio in un incendio di cui lei si incolpa. Questa tragedia la porta a rivivere come in un loop il mito di Medea. Mirella Mazzeranghi interpreta il personaggio di Tonta, una donna zoppa che cela un segreto e che appare debole di mente.
Un’ex attrice, una donna sessantenne e una prostituta come si declinano insieme?
Insieme in realtà ci sono solo le due donne più anziane che hanno un rapporto di sudditanza e di complicità. La giovane in fondo appare un corpo estraneo e un lupo solitario fino alla complessa scena finale in cui la sintonia si crea per una serie di colpi di scena.
Come hanno fatto queste tre donne a varcare quel limite oltre il quale si perde il rapporto con la società e si entra in una specie di limbo affettivo e sociale? In che cosa non si riconoscono?
Come abbiamo detto ognuna ha la sua storia di “rottura” e di fragilità. Tale “rottura” da interiore passa ad esteriore creando una spaccatura netta rispetto a dettami sociali che le tre protagoniste non riconoscono più.
Qual è il primo gradino che poi conduce in un viatico fuori dagli schemi?
Il primo gradino può essere qualsiasi trauma psicologico o sociale. La perdita di un lavoro, di una persona cara, una violenza subita………….una delusione radicale nei confronti del mondo…
Qual è oggi il dovere del teatro?
Eugenio Barba affermava che “Il teatro è come un’isola galleggiante, un’isola di libertà. Derisoria, perché è un granello di sabbia nel vortice della storia e non cambia il mondo. Sacra, perché cambia noi.” E allora mi viene da aggiungere che se riesce a cambiare qualcosadentro di noi, può quantomeno gettare le basi di qualcosa di positivo fuori di noi. Ad esempio, tornando a “Regine di cartone”, alla fine di questo spettacolo vorremmo che uscisse sconfitta l’indifferenza.
Altri nuovi Progetti?
Si , certo. Tanti.
A dicembre con Massimo Wertmuller sarò in scena nella rassegna “In altre parole” con lo spettacolo di Pino Tierno “Il disegno del gatto”
A gennaio, a Milano nel prestigioso Teatro Gerolamo sarà la volta di “Bellezza Orsini, la costruzione di una strega” con cui ho ricevuto lo scorso anno la nomination al “Premio Le Maschere del Teatro Italiano” come migliore interprete di monologo.
A marzo sarò “Fanny” nel testo omonimo della canadese Rebecca Deraspe vincitrice di molti premi internazionali. Prima nazionale al Teatro Tor Bella Monaca
Ad aprile tornerò al Teatro Manzoni con Massimo Giuliani e Federica Cifola per incontrare il pubblico degli abbonati che ormai da anni mi accoglie con tanto affetto.
Sogni?
Beh, si. Ancora tanti. Il cassetto ne è sempre pieno ed ogni anno mi impegno per cercare di realizzarne uno. Però per scaramanzia non ne voglio parlare come per quando si vede cadere una stella. Il segreto, si dice, aiuta al compimento e alla realizzazione del desiderio.