Povero Ulisse!

Debutta il 5 ottobre al Teatro Marconi: “Povero Ulisse!” scritto da Marco Bonini, interpretato da Paolo Gasparini per la regia di Tiziana Sensi. La produzione esecutiva è affidata a: Felice Della Corte, l’aiuto regia a Caterina Gramaglia. Una drammaturgia interessante che conduce a riflettere su: “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza” come scrive Dante nel canto XXVI dell’Inferno: il Canto dedicato a Ulisse.

È questa fissazione filosofica per la “canoscenza” a rendere Ulisse un personaggio interessante, saggio, astuto e spesso paravento. Ulisse voleva davvero tornare a casa da Penelope? Se Penelope è la meta, il premio, la mortale che viene preferita alle molte, belle e potenti dee che gli promettono addirittura la divinità, perché Ulisse non torna prima? Attraverso l’analisi di alcuni passi di Dante e Omero scopriamo che in questa storia c’è qualcosa che non torna!

      

In che senso Ulisse è la più perfetta metafora del maschio occidentale moderno?

In un’ora e dieci il divertente racconto scritto da Marco Bonini, interpretato da Paolo Gasparini, con la regia di Tiziana Sensi, ripercorre, attraverso un’appassionata lezione del professor Andrea Rossi, alcune tappe del viaggio dell’eroe. Nei versi di Omero, il professore evidenzia situazioni tragicomiche paragonabili allo spinoso rapporto con il femminiledell’uomo moderno, sempre più confuso tra il sé avventuriero, solitario, ego riferito e il sé empatico, relazionale ed emotivo.

“Non sono io traditore, sono loro ammaliatrici! Ulisse nei suoi viaggi “canosce” molte donne, dee, semidee, ninfe e mortali con le quali instaura rapporti di “canoscenza” molto intensi, intimi direi, spesso appassionati, rapporti che condizionano il viaggio del ramingo, finendo nella maggior parte dei casi con il garantirne anche la sopravvivenza. Tuttavia, nessuna di queste sue “canoscenze” femminili riesce mai a distoglierlo del tutto dal suo grande desiderio di tornare da Penelope, la sua famiglia, la casa, Itaca… Nonostante il suo desiderio ossessivo, per dieci lunghi anni rimane solo un desiderio, ostacolato proprio dal suo ardore teoretico per le “canoscenze” femminili: ben 7 anni con Calipso, 2 anni con Circe, 3 settimane con Nausicaa, più varie Ninfe, Dee, Sirene. Ulisse, né latin lover né marito fedele, è un Ulisse un po’ goffo e ridicolo che per resistere a quattro donne deve farsi legare e mettere la cera nelle orecchie”, racconta l’autore della drammaturgia Marco Bonini. Abbiamo intervistato Paolo Gasparini che ci conduce all’interno del mondo di Ulisse e non solo.

Perchè “Povero” Ulisse?

“Povero” è in un’accezione ironica, come è ironico tutto il racconto, come è ironica la sua chiave di accesso. È un delizioso testo scritto da Marco Bonini, che ringrazio per avermi concesso la possibilità di metterlo in scena. Ulisse soffre come tutti gli uomini moderni delle proprie contraddizioni e dei propri paradossi.

Eppure, Ulisse è un uomo avventuroso, capace, un esploratore che nonostante il suo viaggio torna alla sua amata Itaca, oltre che da sua moglie e suo figlio. È più ricco che povero non crede?

Questa è una bella domanda. Certamente Ulisse è ricco delle sue doti, dei suoi viaggi, della possibilità di avere degli affetti a cui tornare. Se lo vogliamo utilizzare come perfetta metafora dell’uomo occidentale moderno è sicuramente uno di quei maschi molto ricchi.

Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza” scrive Dante nel verso 119 del canto XXVI dell’Inferno. Canto di Ulisse. Ulisse è “virtute e canoscenza”?

Più che altro Ulisse è ricerca di “virtute e canoscenza”. Credo che la cosa più interessante di questo spettacolo sia il fatto che in realtà non dà risposte, ma essenzialmente pone domande, ed io in questo mi rispecchio molto, perché sono un uomo che vive il dubbio come fatto esistenziale.

Oggi nel viaggio mondano del nostro tempo c’è ancoravirtute e canoscenza”?

Assolutamente si. Credo che il mondo sia ancora pieno di anime nobili che però vivono in un mondo dove il valore etico è quasi del tutto scomparso, che venera il denaro come una religione, che ha trasformato tutto in prodotto, e quindi per queste anime è molto difficile vivere oggi.

Siamo viaggiatori della rete non più di mari sconosciuti, come Ulisse troviamo sirene che intrappolano ma difficilmente continuiamo il viaggio tenendo ben in mente Itaca, secondo lei perché?

Purtroppo, su questo aspetto sono un pessimo punto di riferimento perché sono un essere drammaticamente analogico. Tutto ciò che è digitale mi mette a disagio, a stento riesco a stare al passo con le nuove forme di comunicazione. Infatti, chi mi vuole bene mi dice che sono il peggior venditore di me stesso perché non so utilizzare i social, quindi, faccio fatica a rispondere a questa domanda, come al solito ho solo dubbi.

Ulisse voleva davvero tornare a casa da Penelope?

Questa è l’essenza dello spettacolo che vi invitiamo a venire a vedere. Posso solo dirvi che verranno esibite delle prove a favore di questa tesi!

Che cosa rappresenta il viaggio ulissiano?

È un viaggio soprattutto di ricerca. È anche un viaggio verso l’ignoto, verso ciò che non conosciamo, verso tutto ciò che è diverso da noi. Sono appena tornato da un viaggio che è stato anche un viaggio di lavoro in Argentina. La meravigliosa regista di questo spettacolo Tiziana Sensi mi faceva notare che per tre giorni di lavoro mi sono fatto quasi cinquanta giorni lì: volevo scoprire un luogo che non conoscevo e che mi affascinava.

Che cosa lo affascina di questo personaggio?

Le sue contraddizioni: un uomo, come quello di oggi, sempre combattuto tra l’andare e il tornare, un uomo che ama ciò che ha ma non sa se gli basta, un uomo che scopre il valore di ciò che ha solo nel momento in cui lo perde. Il suo fascino sta proprio nel fatto che è la perfetta descrizione di un uomo dei nostri giorni.

Che cosa non condivide?

Quello che non condivido di lui è probabilmente ciò che mi spaventa di più di me stesso.

Tra traditore e ammaliatore che differenza c’è?

Ho un concetto un po’ particolare di tradimento. Penso che al di là di chi hai accanto, ognuno di noi vive un viaggio esistenziale estremamente personale. L’idea di tradimento è strettamente connessa a delle regole di società imposte: pensare al tradimento come qualcosa legato all’esperienza con un’altra persona è un retaggio della nostra cultura. Non lo voglio né legittimare né condannare, ma ritengo che il tradimento sia legato sempre a parole negative come “possesso” e queste parole poi portano sempre a delle gravi degenerazioni e follie.

L’ammaliatore è un seduttore, e sedurre è una necessità di tutti e una necessità che gratifica, e non c’è nulla di male in questo.

Che cosa rappresenta la donna per Ulisse?

La donna è la meta, è il mezzo, è la massima aspirazione di conquista. È il completamento di quella parte di sé che sente mancante, è un universo meraviglioso tutto da scoprire.

Prossimi progetti?

L’incontro con il Teatro Marconi e con Tiziana Sensi ha rappresentato sicuramente la mia rinascita. Il mio progetto attuale è proprio questo del Povero Ulisse! che andrà in scena il 5 e il 6 ottobre al Teatro Marconi.

Dal 7 al 17 marzo 2024, sempre al Teatro Marconi torna uno spettacolo scritto da Maria Letizia Compatangelo per la regia di Felice Della Corte, che ha debuttato l’anno scorso al Nino Manfredi di Ostia dal titolo La Cena Di Vermeer. Con me in scena Mario Scaletta, Tiziana Sensi e Caterina Gramaglia, una collega che tra l’altro mi sta attualmente aiutando tantissimo perché è l’aiuto regista nel Povero Ulisse! Sempre a teatro tornerà in scena uno spettacolo di Rosario Galli dal titolo Tango Per Ricominciare che abbraccia anche la mia passione per il tango.

Ho appena terminato una splendida esperienza lavorativa in Argentina per una serie Netflix su Ayrton Senna. Ma la mia condanna, un po’ come Ulisse è di ricominciare ogni giorno da zero. Ogni giorno il progetto è vivere un altro giorno.

 

 

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