Eleonora d’Agostino e Matteo Gabos, il 14 settembre, inaugurano la prima mostra personale dell’artista romano Peter Dollz. “Niente da aggiungere” è l’evento che vedrà esposte le 13 opere. Tutto all’interno della mostra ci racconta il percorso artistico di Peter Dollz, iniziato nei teatri (primo amore a cui sempre ritorna) ma che nel tempo si è evoluto in un’urgenza comunicativa che lo ha portato a esplorare la scultura e la manipolazione della materia, in un continuo interrogarsi su come fare Arte e se, soprattutto, fosse ancora possibile fare Arte.
La citazione di Walter Benjamin non è, ovviamente, casuale: che cosa resta di un’opera quando questa perde la sua “aura”? Quando la vediamo esposta e riproposta e perdiamo la meraviglia della visione? E, più in generale, che cosa possiamo ancora chiamare “Arte”?
Tutto il ‘900 artistico è pieno di risposte a questi interrogativi e quello che fa Peter Dollz è aggiungere un personalissimo tassello in più, con la sua indagine che cade sul prodotto più riproducibile che esista: Barbie.
Se diamo per assodato che un’opera d’arte abbia la forza di modificare la realtà con la quale viene a contatto (o gran parte della filosofia estetica non esisterebbe), allora Barbara Millicent Roberts, nata a Willows nel Wisconsin e da tutti chiamata amichevolmente Barbie, è la più significativa opera d’arte che il Novecento abbia prodotto. Ha modellato l’immaginario di generazioni (anche e soprattutto maschili, perchè troppo facile sarebbe ricondurre tutto ad un’esclusiva opera di auto-convincimento delle donne) a ricercare la problematicità del sorriso sempre presente, la facilità dei capelli perfetti, la banalità della “vita felice”.
“È Barbie l’origine di tutti i mali del nostro secolo? Ovviamente no. Barbie ha inciso sui mali del nostro secolo? Ovviamente sì”, racconta l’artista.
Barbie è continuamente prodotta e riprodotta, ma qualcosa in lei è sempre diverso e perciò crea sempre una nuova esperienza, un nuovo desiderio. In questa conferma e allo stesso tempo sbeffeggia Benjamin: l’arte riprodotta perde la sua aura ma sfugge al tempo e si rende eterna.
Forse tra cento anni avremmo perso la memoria di molte cose, ma probabilmente troveremo sottoterra, da qualche parte delle Barbie ben conservate, con la loro plastica ancora lucente.
Proprio questo elemento assume in questo caso un significato particolare: la plastica di cui sono realizzate le bambole, diventa l’emblema della grande promessa infranta, della rottura di un patto: il simbolo del progresso, finisce per diventare ciò che ci uccide. La visione del mondo di cui si fa carico Barbie e che noi abbiamo ingurgitato per anni, trova il suo diretto paragone nel materiale che sta colonizzando il nostro pianeta e che ci troviamo ad ingurgitare tutti i giorni, in pezzi così piccoli che neanche vediamo. Eppure, sono lì e si depositano dentro di noi.
Come idee, visioni del mondo, come gocce cinesi che ci martellano. Come le Barbie. Ma su questo punto l’arte di Peter crea lo strappo: le sue Barbie sono rimodellate, strappate, ricucite, bruciate (e non è forse questa un’eco di quello che ci ha lasciato Burri?). La loro banalità di plastica trova la fine nell’inserimento della materia organica, soprattutto ossa di piccoli animali. È la perversione assoluta: inserire l’organico e la deperibilità in ciò che è fatto per durare in eterno.
E sono tali perchè portano sulle loro esili spalle da bambola e le loro fragili ossa di ghiro, il peso di dover smascherare ciò che siamo; lo fanno con immediatezza, senza metafore complicate. Sembrano dire: “Noi siamo voi. Non c’è niente da aggiungere”. In questa intervista l’artista ci porta all’interno del suo mondo e delle sue Barbie.
Il mondo intero è una ribalta: le Barbie dove sono?
Esse vivono!
Qual è il suo mezzo di comunicazione preferito?
Sono schiavo di quello che posso vedere e toccare. È qualche anno che vedo nelle Barbie un eccellente canale comunicativo.
Che cosa rappresentano le sue opere?
Il tema di fondo è la cosa più bella e oscena del mondo: l’essere umano.
Perché affacciarsi al mondo di Barbie?
Un giorno decoravo un Ken con mio figlio, lo trasformavamo in un mostro dei film e ho riflettuto sulla potenza di questa icona. É iniziato come un divertimento e ho notato sempre più quanto finalmente avessi trovato un mezzo di comunicazione sincero e diretto, sento di arrivare al cuore passando per occhi cervello e il bambino dentro lo spettatore.
Siamo tutte un po’ Barbie oppure è solo l’effetto del film?
C’è una grande differenza con le Barbie del film (dopo che esci dalla sala) e le Barbie che abbiamo sempre visto nei cataloghi, ho visto il film pochi giorni fa e offre spunti di riflessione che ritengo profondi ai quali non ho nemmeno pensato subito etichettandolo forse li per lì come banale. Direi che siamo come le mie Barbie e anche come quelle del film, in viaggio. Di certo non come quelle nuove e impacchettate.
Come si fa a fare Arte?
Ritengo che l’arte non si faccia, c’è un momento da bambini in cui se sei fortunato gli occhi si abituano a vedere in un certo modo tu diventi schiavo di un’eterna ricerca e soffri sperando di far provare emozioni agli altri.
È possibile, oggi, fare Arte?
Potrebbe essere possibile se “pura” e libera da obiettivi troppo specifici, cosa ardua dati i nostri cervelli costantemente in overthinking. Oggi per me non c’è opera d’arte più bella di un ramo caduto messo su un tavolo.
Una curiosità: esiste Barbie?
Di certo non quella appena uscita dalla catena di montaggio.
Perchè un’opera d’arte ha la forza di modificare la realtà con la quale viene a contatto?
A livello terapeutico l’arte fa bene, la bellezza e l’armonia fanno bene al nostro spirito. L’arte é “inutile” (mi permetto di dirlo perché per me é indispensabile), non si mangia l’arte ha il potere della religione, fa riflettere e fa guardare la realtà da una prospettiva diversa, fa vivere esperienze e crea ricordi quindi si. L’arte cambia la vita e di conseguenza la realtà.
È Barbie l’origine di tutti i mali del nostro secolo?
Se non fosse esistita Barbie sarebbe esistito qualcos’altro. Barbie é un’ovvia conseguenza del motore degli eventi.
Barbie ha inciso sui mali del nostro secolo? Perché?
Barbie ha creato modelli e standard molto severi entrandoci in testa senza chiedere il permesso, a volte la vedo come una “bulla dell’etica e della filosofia”
L’arte riprodotta è un aspetto positivo?
Mi perdoni ma qua devo dilungarmi … la chiamerei più una necessità ma per ragioni diverse da quando l’interrogativo nasce. Oggi più che mai lontani dalla natura abbiamo bisogno della bellezza ma abbiamo oberato l’arte con l’arroganza e la voglia di apparire e dimostrare chissà che stravolgendola e ripetendo così tanto la parola da farle perdere significato. Bisognerebbe trovare una nuova parola per le cose belle ed emozionanti del contemporaneo, proviamo con “aggiunte di alto valore”. Quindi si é forse una cosa positiva ma io non riesco ad utilizzare questo metodo, parto da arte riprodotta e la rendo viva e unica perché non posso fare altro.
Come sono le sue Barbie?
Più simili a lei di Barbie giornalista e più simili a me di Barbie scultrice. Spero non si offenderà e che non la prenda sul personale, non posso giudicarla non conoscendola ma posso dire con certezza questa cosa: sono bellissime e spaventose.
Che cosa vogliono comunicare?
Un pò con il titolo provo a dare una direzione ma durante il mio percorso ho sempre imparato tanto da chi le guarda, diciamo che il discorso di fondo rimane quello di rappresentare la realtà e le persone vere.
Lei ha la sua Barbie preferita?
Mi dispiace ma non posso rispondere a questa domanda, non vorrei mai ferire i sentimenti di qualcuna di loro.
Perché: “Noi siamo voi”?
Perché appunto se mi guardo allo specchio o se guardo le persone attorno a me in strada le vedo più simili alle mie bambole che alle varie barbie nei loro uteri di plastica. A volte, brilliamo a volte facciamo paura altre volte siamo epici e altre volte ancora puzziamo ma siamo sempre inesorabilmente unici.