L’eleganza del jazz incontra la suggestione del teatro: il 15 ottobre inaugura l’VIII edizione di “Jazz in the Theatre”, la rassegna di concerti jazz del Teatro Ivelise.
Il teatro, a pochi passi dal Colosseo, è un luogo intriso di storia, e diventa cornice perfetta per far rivivere tra le sue mura la storia della musica jazz, nata agli inizi del XX secolo, quasi certamente a New Orleans.
La jazz singer Valeria Rinaldi, in ogni appuntamento della rassegna bimestrale, si esibisce con musicisti di rilievo del panorama jazzistico, ogni volta diversi: i concerti mirano alla congiunzione tra un luogo intriso di storia e di arte e un ritrovo accogliente per tutti coloro che vogliano vivere di emozioni, conoscere e condividere questo meraviglioso genere musicale.
“Jazz in the Theatre è il mio piccolo gioiello. Un appuntamento con il jazz a teatro prima mensile e da quest’anno bimestrale. Grazie a questo spazio ho potuto far fiorire le mille idee che viaggiavano sparse nella mia testa, veicolandole verso progetti ben strutturati, alcuni sono diventati spettacoli ricorrenti nel cartellone della rassegna stessa. In sette anni ho imparato tantissimo da questo palco e porto con me l’esperienza della condivisione. Rendere partecipe il pubblico, raccontare le storie che si celano dietro ad ogni voce, ad ogni artista o compositore del jazz. Ringrazio il Teatro Ivelise e la Direttrice Brenda Monticone Martini per aver creduto in me. E ringrazio tutti gli artisti che collaborano o che hanno lavorato insieme a me negli anni passati” afferma la jazz singer Valeria Rinaldi.
Domenica 15 ottobre alle 19.30 in scena il primo appuntamento della rassegna con “My time”.
“My Time sarà un vero e proprio concerto di musica. Quindi ci distacchiamo momentaneamente dal varietà per presentare un lavoro musicale che sarà presto racchiuso in un nuovo album. La formazione strumentale è composta da sette elementi, Valeria Rinaldi voce, Giuseppe Panico tromba, Stefano Di Grigoli sax tenore, Walter Fantozzi trombone, Pietro Caroleo pianoforte, Flavio Bertipaglia contrabbasso e Gianmarco De Nisi batteria. Gli arrangiamenti in chiave jazzistica sono interamente curati da Stefano Di Grigoli, le composizioni sono per lo più originali scritte da me e dallo stesso Stefano Di Grigoli. Era il disco che appettavo da tempo! Nuova linfa che nutre la fame di musica e che stimola al cambiamento. Un disco un po’ autobiografico che racconta della consapevolezza raggiunta” continua Valeria Rinaldi.
Una formazione impeccabile che porta con sé l’energia di una ritmica interamente formata da giovani talenti. “My Time” è il momento giusto, è l’ora del risveglio, della rivalsa, del godere appieno delle occasioni che la vita ci regala. Valeria Rinaldi ci racconta e si racconta con profondità in questa intervista.
Salve Valeria, grazie per questa intervista. Come nasce l’amore per la musica?
Salve, grazie a lei per questa intervista. Sono nata con la passione del canto. Ho sempre cantato. A sette anni, ho scritto la mia prima canzone. Ricordo che usavo il registratore della zia trasferitasi in Australia, nato per studiare la lingua inglese e dotato di microfono, per cantare davanti allo specchio e registrare le mille voci e cori che facevo. Immaginavo il pubblico davanti a me, o meglio, lo vedevo proprio e recitavo la parte della Diva. Avevo la testa sempre altrove immersa nella musica cantavo anche a tavola, dappertutto.
E il jazz che cosa rappresenta per lei?
Il jazz per me non è solo un genere musicale, ma un modo di essere, di vivere, è la mia maniera di vivere la musica. Cogliere le sfumature, cercare il senso, la condivisione, tirare fuori la propria personalità attraverso un linguaggio che sento risuonare dentro di me, affine alla mia sensibilità artistica.
Chi sono i suoi autori preferiti?
Studio, ascolto, ripercorro certe sonorità da 20 anni e non mi stancano mai! E ogni volta trovo del nuovo, colgo sfumature sfuggite precedentemente. Ho lottato per impossessarmi di certi linguaggi e ad oggi ancora non so se qualcosa sia veramente diventata mia. Ho amato alla follia e poi odiato artisti che mi facevano perdere nella loro genialità, ma che sottolineavano anche le mie mancanze. Tutto il percorso, tutta la mia vita mi ha portato ad oggi. Posso solo che ringraziare i grandi maestri, coloro che hanno mostrato alla mia anima quale fosse la strada.
Chi sono i suoi “grandi maestri”?
Quando mi sono avvicinata al jazz, mia madre purtroppo mi aveva già lasciato. Così ho voluto immaginare che tutte le figure femminili del passato, che incontravo durante lo studio, avrebbero potuto prendere un po’ il suo posto, essere un esempio, donarmi un po’ di amore attraverso il suono delle loro voci. Ella Fitzgerald resta la mamma jazz per eccellenza, esempio di classe, grinta e di una infinita dolcezza che ti culla se ne hai bisogno. Billie Holiday, per la sua particolarità, la sofferenza e lo spirito di adattamento, le sue interpretazioni sono per me, come dei quadri contenenti storie dallo stile inconfondibile, con un retrogusto sempre un po’ triste e rassicurante allo stesso tempo.
E poi?
A seguire Sarah Vaughan, Carmen McRae, Betty Carter, Anita O’Day, Doris Day, Judy Galand, Peggy Lee e tantissime altre… Nancy Wilson, Annie Ross! Come non citare anche alcune delle voci maschili quali Frank Sinatra, Mel Tormé, John Hendricks, Perry Como, Dean Martin, Nat King Cole, Chet Baker, Louis Armstrong. Ho ascoltato, letto le storie, spesso ho cercato di memorizzare le impressioni che suscitavano in me, senza il supporto video, affidandomi al mio solo orecchio. La lista è veramente lunga, ho amato il suono caldo di Dexter Gordon, lo stile accattivante e raffinato di Clifford Brown, ma anche Lee Morgan, Jerry Mulligan, Teddy Wilson, Duke Ellington, Benny Goodman. Ho imparato a riconoscere i compositori del jazz, coloro che hanno lasciato il grande patrimonio di brani che abbiamo, ognuno con la propria impronta. Ma non si finisce mai!
Oltre a cantare, suona qualche strumento?
Sono una curiosa, ma anche molto disordinata vorrei saper fare tutto, negli anni ho preso lezioni di contrabbasso, di ukulele, di chitarra, diciamo che metto le mani sul pianoforte, ma il mio strumento resta la voce.
Jazz e teatro come fanno a fondersi?
Raccontare le storie del Jazz a teatro rende tutto più interessante, suggestivo e facilita il coinvolgimento del pubblico. Inoltre, essendo una musica che necessita concentrazione il concerto si sposa perfettamente con l’ambiente intimo dell’Ivelise.
A breve debutterà in teatro con la rassegna “Jazz in the Theatre”, ci racconta di più?
Jazz in The theatre è nato sette anni fa, all’inizio non sapevo bene come sfruttare questo spazio, poi i progetti sono sbocciati e con il tempo ho perfezionato i repertori in base ai periodi o gli artisti che volevo proporre e alle formazioni strumentali. Tutto questo mi ha fatto crescere come artista perché ho collaborato con tantissimi musicisti, e preparato più di 30 repertori differenti.
Che cosa rappresenta per lei: Jazz in the Theatre?
Come ho già detto è il mio gioiello! Un format fatto di musica jazz, concerti e varietà.
Chi sono i suoi compagni di viaggio?
Quest’anno saliranno sul palco una ventina di artisti tutti meravigliosi e che fanno parte di 4 progetti differenti, due nuovi e due nati e perfezionati durante lo scorso anno, che riporto in scena perché sono piaciuti moltissimo.
Che cosa si aspetta dal pubblico?
Non mi aspetto mai nulla dal pubblico. Sono io per prima che devo dare qualcosa, coinvolgerlo, accoglierlo nel migliore dei modi, cercando di restare autentica, di non costruire appositamente per vendere, ma dare un senso più alto a quello che si propone, per amore della musica. Se tutto ciò avviene, il pubblico ti ripaga con interesse, emozione e diventa generoso nel manifestare l’affetto e la stima.
Secondo lei perché le persone amano il jazz?
Dicono che Il jazz o lo ami o lo odi. Ma credo che non si possa generalizzare. Credo che se non si è abituati ad un certo tipo di musica, in qualche modo non ci si riconosce in quello che si ascolta. Allora c’è il rischio che possa risultare difficile mantenere l’attenzione. Per questo è nata l’idea del copione che scrivo per ogni concerto, cercando di guidare il pubblico in quel viaggio musicale, dove possibile regalando qualche aneddoto interessante o divertente.
Che cosa è “My Time”?
Il mio prossimo Album, un lavoro interamente arrangiato dal mio compagno Stefano Di Grigoli, sassofonista tenore. Lo stiamo preparando da tempo, l’idea era quella di arrangiare brani originali, in stile contemporaneo, accattivante. E credo proprio che stavolta ci siamo! Abbiamo preparato un progetto fatto quasi interamente da brani originali e solo tre standard riarrangiati. Siamo partiti dalla rivisitazione di due miei brani già editi, poi tutto ha preso una linea, un’intenzione, un sound.
Progetti?
Spero di portare questo Album che uscirà a dicembre un po’ in giro per tutto il 2024, sono molto entusiasta e anche i musicisti che ne fanno parte!
Vuole aggiungere altro?
Penso sia tutto. Grazie per l’intervista.