La voce umana

Atto unico di Jean Cocteau

Il 15 e 16 ottobre va in scena al Teatro Trastevere in Roma “La voce umana” un atto unico di Jean Cocteau interpretato da Siddhartha Prestinari e diretto da Rosario Tronnolone.

Nel febbraio del 1930 Jean Cocteau presentò alla Comédie Française una pièce che rappresentava un esperimento: un dialogo di cui era possibile ascoltare solo una parte, perché solo uno dei personaggi è in scena; l’altro è in un luogo imprecisato, dall’altro capo di un telefono.

Quasi cent’anni dopo la prima rappresentazione, “La voce umana” conserva intatta, e forse ancor più intensa, la sua capacità di coinvolgimento e identificazione. Per il suo autore, il testo “offre all’attrice che lo interpreta l’occasione di recitare due parti, l’una quando parla, l’altra quando ascolta e delimita il carattere del personaggio invisibile che viene fuori attraverso i silenzi…L’autore vorrebbe che l’attrice desse l’impressione di sanguinare, di perdere sangue come una bestia ferita, di terminare l’atto in una camera piena di sangue”. Un atto unico incentrato sul dolore e sulla solitudine, che utilizza il telefono, forma di comunicazione per eccellenza, come mezzo per l’incomunicabilità e l’inganno, e la voce umana come uno strumento meraviglioso e sensibilissimo, capace di restituire tutti gli affanni dell’animo. Con questo testo Cocteau ha composto una partitura perfetta per esprimere la sofferenza d’amore che la maggior parte degli esseri umani sperimenta, e che ognuno decifra con lentezza, nella propria solitudine.

Abbiamo intervista la protagonista Siddhartha Prestinari.

Cara Siddhartha eccomi qui, sono ancora io, per una nuova intervista.

La mia voce è mediata dalla parola scritta tuttavia: quanto è importante e densa di significati “La voce umana”?

Ciao, un piacere ritrovarla. Beh, LA VOCE UMANA, va ben oltre il monologo è un flusso di sentimenti vestiti di parole, per questo è così densa, affascinate e di difficile interpretazione.

Jean Cocteau che cosa rappresenta ancora per il teatro?

La modernità, perché con questo testo è stato il primo a sdoganare il “momento privato” in teatro. Ha voluto portare in scena un atto intimo, privatissimo e segreto.

Quanto la sua voce di drammaturgo ha segnato il mondo del teatro?

E’ stato un artista poliedrico che ha sperimentato tante forme di linguaggio e in ognuna di esse è stato provocatore e visionario. Una personalità forte e carismatica in grado di segnare un prima e un dopo Cocteau.

Nel febbraio del 1930 Jean Cocteau presentò alla Comédie Française una pièce che rappresentava un esperimento, ce ne vuoi parlare?

La sua proposta fu creare un dialogo di cui era possibile ascoltare solo una parte di esso, perché solo uno dei personaggi è in scena mentre l’altro è in un luogo imprecisato, all’altro capo di un telefono. Una novità assoluta che invita lo spettatore ad immaginare ciò che è in essere ma che necessariamente va immaginato. Un po’ come avviene con un libro, ogni lettore si fa un’idea personale delle descrizioni dell’autore.

Come è possibile in un dialogo ascoltare solo una parte?

Cocteau ci è riuscito, lui stesso afferma: “Questo testo offre all’attrice che lo interpreta l’occasione di recitare due parti, l’una quando parla, l’altra quando ascolta e delimita il carattere del personaggio invisibile che viene fuori attraverso i silenzi”.

E l’altro dove si trova?

L’altro è nella menzogna, sia fisica che emotiva, affermando di essere in casa mentre è altrove in compagnia di un’altra donna. Maschera senso di colpa perché le sta mentendo, dolore, perché la sta lasciando, senso di impotenza perché non potrà più prendersi cura di lei. In più cerca di essere assolto dal senso di colpa per potere voltare pagina serenamente e vivere la sua nuova vita con la futura moglie.

E’ uno sdoppiamento del sé oppure è un incontro con l’altro?

Nella costruzione del personaggio e nelle emozioni che muovono la protagonista, probabilmente è entrambe le cose.

Perché dopo un notevole spazio di tempo “La voce umana” conserva intatta, e forse ancor più intensa, la sua capacità di coinvolgimento e identificazione?

A mio avviso perché resta, come dicevo prima, un fazzoletto privato, intimo, in cui tutti ci riconosciamo, tutti abbiamo una Voce Umana nei nostri ricordi, tutti condividiamo un addio lacerante. Cambiano i tempi, le modalità ma l’uomo resterà sempre prigioniero ed evasore delle sue emozioni, e aggiungo PER FORTUNA.

Che cosa offre questo testo per chi lo interpreta?

E’ una grande prova, molto faticosa, se si vuol mantenere il climax emotivo intenso ma intimo. All’inizio della telefonata mentono entrambi sapendo che sarà il loro ultimo contatto. Cercano di avere una conversazione “normale” e mascherano il pensiero dominante che quella in realtà sarà la loro ultima telefonata, il loro ultimo scambio. Pertanto ogni cosa detta, ogni silenzio imposto da un’esitazione o causato da un disturbo della comunicazione è vissuto con un metronomo che batte freneticamente i tempi dell’angoscia per l’imminente fine.

Quanto è difficile coglierne l’essenza?

La difficoltà, come ho più volte avuto modo di dire, sta sempre nel riproporre la verità interpretativa. In queso caso parliamo di dare vita al dolore di questa donna, mossa da orgoglio, paura e disperazione. Se però dovessi affrontare Macbeth, avrei altre difficoltà, perché alla verità, dovrei trovare dei colori di perfidia e cinica ambizione che muovono questo bellissimo e crudele personaggio.

Il dolore e la solitudine sono ancora profondamente radicate nella nostra vita, perché la loro cifra è così permeante?

Perché ci appartengono, sono la nostra percezione alla vita, sono i campanelli d’allarme per sviluppare forza, resilienza, coraggio e anche quella capacità di conoscersi in una solitudine costruttiva.

E la sofferenza d’amore che posto occupa?

Il posto che gli concediamo. Con gli anni si impara ad amare senza possesso, con la giusta discrezione e rispetto per l’altro che deve necessariamente restare “l’altro” da amare nel modo più nobile del termine.

Il pubblico come accoglierà il lavoro?

Lo scopriremo a breve. Spero che apprezzino la passione con cui affronto sempre ogni lavoro. Mi auguro che piaccia la modernità e l’intensità con la quale, insieme al regista Rosario Tronnolone, stiamo lavorando a quest’allestimento.

Progetti?

Tanti, per fortuna. A novembre presenteremo NEL POSTO GIUSTO, cortometraggio da me scritto e diretto che vede protagonisti Vanessa Incontrada e Giorgio Panariello, prodotto da Giacomo Silvestri per la LOREB. Ho due mie regie che girano per l’Italia, BASTARDE SENZA GLORIA e il recente LE COSE CHE T’HO IMPARATO, che mi stanno regalando grandissime soddisfazioni e poi riprenderò in veste di attrice la tournée con Pignotta con un nuovo e romantico testo e poi incrociamo le dita per cose che sono in essere.

Vuole aggiungere altro?

Ci vediamo a teatro!

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