La musica ha il potere di modellare l’estetica e il pensiero di intere generazioni attraversando le epoche storiche tanto da porsi come punto di snodo essenziale. La musica ha la sua alchimia che si incide profondamente nell’animo umano. Il Rock ‘n’ Roll ha segnato un’epoca di rinascita, la voglia di emergere e uscire fuori dal buio, ha portato una ventata di possibilità e realtà. Il Rock ’n’ Roll rappresentava una musica di rottura. La particolarità era proprio la forte relazione stretta con il ceto medio-basso della società americana: la classe operaia e i giovani ispirarono i cantanti che integrarono le varie componenti della vita, del sesso e della religione, della mente e del corpo, del lavoro e del tempo libero, del piacere e della sofferenza nelle loro canzoni. Ancora oggi è essenza vitale per alcune band che come i “The Fuzzy Dice”. In fondo, “Senza una canzone, il giorno non ha fine… senza una canzone, un uomo non ha amici… senza una canzone, la strada non ha curve (E. Presley)”. Raccontare emozioni, vissuti, esperienze attraverso la musica anni ’50 e ’60 è ciò che Teddy Ubaldo con il suo gruppo cerca di fare. Lui, frontman della sua band, ama i fumetti e colleziona vinili. “Quando ero un ragazzo ero un sognatore. Leggevo i fumetti ed ero l’eroe di quei fumetti. Andavo al cinema ed ero l’eroe dei film. Adesso ogni mio sogno è diventato realtà un milione di volte (E. Presley)”. Sembra di ritrovarlo nelle parole di quello che è la sua principale fonte di ispirazione: Elvis Presley. Non poteva che essere così considerando che Teddy è cresciuto a latte ed Elvis. Anche lui come il suo idolo ha sempre custodito in sé il suo sogno e ben si sa che “Per tutti quelli che hanno un sogno” – è bene seguirlo – “Non fermatevi agli ostacoli che vi si presentano, continuate verso quel sogno (E. Presley)”. Teddy si è raccontato con partecipazione ed emozione.
Come nasce il nome della band: “The Fuzzy Dice”?
In maniera simpatica. Correva l’anno 2012, eravamo in live, un signore texano vedendo i “fuzzy dice”, ovvero “i dadi pelosi” – vengono messi sugli specchietti retrovisori delle auto, che erano nel nostro furgone acquistato da Lorenzo, il mio pianista – ha commentato in maniera simpatica. Così da quella situazione divertente è nato il nome della nostra band.
I “The Fuzzy Dice” come nascono?
Il mio desiderio da sempre era quello di dar vita a una band anni ’50.
Perché gli anni ’50?
Nasco con quel tipo di influenza poiché da quando ero piccolo mio padre mi faceva ascoltare la musica di Elvis. Era un grande appassionato e quel tipo di musica accompagnava le mie giornate.
E poi?
Questa cosa mi ha accompagnato fino all’adolescenza e anche di più fintantoché non ho incontrato dei ragazzi che già suonavano. Insieme abbiamo creato la band Rock ’n’ Roll anni ’50 e ’60 nel 2012.
Il pubblico, cosa pensa di voi? Vi segue considerando che il vostro tipo di musica appartiene a una storia passata?
Il consenso del pubblico è positivo, ci ama, ci segue. Nel corso degli anni durante le nostre serate live abbiamo il nostro seguito. È un pubblico che ha imparato a conoscerci e ad apprezzare quello che facciamo.
I Social per voi sono importanti?
Assolutamente, ci aiutano a farci conoscere soprattutto al pubblico più giovane. Attraverso le nostre pagine social interagiamo con il nostro pubblico cosa che ci permette di farci conoscere ancora meglio. La gente ci segue e questo ci rende orgogliosi.
Da chi è formata la band?
Io sono il frontman, poi c’è Lorenzo Fantini (piano e voce), Matteo Fantini (contrabbasso e voce), Filippo Del Piccolo(chitarra e voce) ed Elvis Di Natale (batteria).
Come vi siete conosciuti?
Con Matteo, Lorenzo e Filippo ci siamo conosciuti nel 2012 in un locale dove stavamo ascoltando musica live, da lì è partito tutto.
Dal 2012 di strada ne avete fatta tanta, con collaborazioni importanti?
Sì! Da allora di strada ne è stata fatta tanta, abbiamo avuto prestigiose collaborazioni con Bobby Solo e con la Little Tony Family. Sono personaggi storici della musica italiana. Poi con zio Bobby, come si fa chiamare lui, pensa mi definisce il nipote del Rock ’n’ Roll, abbiamo un rapporto splendido, lui è un artista straordinario. È un uomo d’altri tempi con una bontà d’animo immensa.
Si apprende molto da questi grandi artisti, non credi?
Assolutamente si! Da lui ho preso ispirazione e inoltre Bobby ti insegna, ti aiuta, ti fa sentire l’anima della musica, del Rock ’n’ Roll. Collaborare con lui è davvero speciale, abbiamo un bel feeling.
Il vostro ultimo lavoro?
È uscito un singolo nell’estate 2022, si chiama “Portofino”. È un brano scritto da Romano Palmieri prodotto da Andrea Fresu, composto a quattro mani da Emiliano Palmieri e Anna Muscionico. Un brano travolgente e carismatico, in linea con lo stile che in questi anni è diventato per loro un vero e proprio marchio di fabbrica. Il risultato di una costante e ispirata ricerca verso un concetto di musica universale e cosmopolita.
Che cosa rappresenta per voi questa canzone?
Questa canzone nasce dalla necessità e dalla voglia, dopo dieci anni di attività live, di creare qualcosa di inedito l’idea era quella di realizzare una sorta di biglietto da visita che ci potesse rappresentare anche a livello discografico. L’obiettivo era quello di riprendere sonorità del passato, ma con uno sguardo rivolto verso il futuro. “Portofino” rappresenta un passo in avanti a livello artistico; un salto di qualità, per noi che in questi anni ci siamo dedicati anima e corpo all’attività dal vivo, calcando numerosi palchi, arrivando a poter vantare una rodata esperienza on stage.
La musica per te che cos’è?
La musica è vita. È qualcosa di indescrivibile di cui non riesco a fare a meno. È qualcosa che mi prende mentalmente. È linfa vita, per me è tutto e il tutto.
La Generazione Z cosa pensa del tuo modo di fare musica?
Non ci aspettavamo che il pubblico giovanile, dai 18 ai 30 anni, restasse coinvolto dal nostro modo di fare musica. Tuttavia, il Rock ‘n’ Roll è molto orecchiabile, riesce a coprire una fascia di età molto ampia. Il Rock ‘n’ Roll è un evergreen. Sono contento che molti giovani scoprono questo genere musicale e poi si appassionano alla musica vintage.
L’artista a cui ti ispiri?
La mia fonte di ispirazione è Elvis Presley. Lui, per me, è l’artista principale.
I vostri abiti di scena si ispirano agli anni del Rock ‘n’ Roll?
Si! Noi siamo sempre alla ricerca di abiti vintage di quel periodo. È tutto pensato a quel periodo che va dagli anni ’50 agli anni ’60. Anche le scarpe sono le black and white.
Siete un tuffo nel passato?
Ci manca solo la Cadillac rosa di Elvis!
Quanto è difficile imporsi nel panorama musicale?
Molto, molto difficile. Noi abbiamo fatto un processo lungo fatto di anni e anni di lavoro, serate, sudate, fatiche, chilometri e chilometri di date. Dopo dieci anni, abbiamo iniziato ad avere un po’, tra virgolette, di successo. Non ci sentiamo delle star, siamo persone che amano il loro lavoro e cercano di dare sempre il meglio senza lasciare nulla al caso. È bello sognare e andare avanti.
Progetti?
Ci sono in arrivo nuovi singoli, tra cui una collaborazione con un artista della musica italiana di cui ancora non posso svelare il nome.
Le tue passioni oltre la musica?
I fumetti … sono un amante di fumetti horror: Dylan Dog. Un amore che risale al tempo della mia adolescenza. Faccio collezione di vinili.
Se tu avessi la macchina del tempo, da poter tornare indietro negli anni, in quale epoca vorresti vivere?
A cavallo tra gli anni ‘50 e ’60.
Perché?
Erano anni favolosi, tutto accadeva con facilità. C’era il boom economico. Non parlo dell’Italia degli anni ’50 ma dell’America, lì nasceva tutto.
Hai mai pensato di trasferirti in America nel tempio della musica che ami suonare?
Sarebbe bellissimo. Però … comunque mi accontento di andare a gennaio a fare un viaggio nell’America del Sud: Menphis, New Orleans.
Ultima domanda: da grande cosa farai?
Continuerò a fare ciò che amo: il cantante.