Dentro la mente criminale con chi sceglie ogni giorno di non voltarsi dall’altra parte.
Chi ha il coraggio di guardare il buio
Mentre il mondo si scandalizza, cambia canale o scorre via, c’è chi resta. Chi osserva il crimine non con morbosa curiosità, ma con lucidità e rigore. Chi si siede accanto al male, lo studia, lo interroga. Chi trasforma l’orrore in competenza. Sono le criminologhe. I profiler. Gli esperti di comportamento deviante. Professionisti che ogni giorno sfidano l’abisso. Non per passione del macabro. Ma per cercare di capire, prevenire, raccontare.
Il primo incontro con il male
Molti raccontano che il primo vero contatto con il crimine lascia un segno indelebile. Un interrogatorio. Una perizia psichiatrica. Uno sguardo gelido da parte di un assassino. Un racconto dettagliato, crudele, privo di rimorso. “Quando ho sentito quel killer parlare della sua vittima come di un oggetto… ho capito che l’empatia può davvero spegnersi”, racconta una criminologa forense. Ma il lavoro non è solo emozione. È studio, freddezza, distacco controllato. Perché lasciarsi coinvolgere troppo… è un rischio.
Interrogare la mente, non solo il delitto
Il lavoro del criminologo non è risolvere i casi. È capire perché è successo. Cosa ha spinto quella persona ad agire. Cosa c’era prima del crimine. Infanzia, traumi, devianze. Modelli distorti, compulsioni, segnali ignorati. Non si tratta di giustificare. Ma di ricostruire una logica dentro l’illogico.
Le donne dietro la scrivania
Molte delle figure più autorevoli della criminologia oggi sono donne. E poi ci sono decine di esperte meno conosciute che operano nel silenzio di carceri, aule di tribunale, consulenze per famiglie e vittime. Sono donne che non hanno paura del male, ma ne studiano il linguaggio. E spesso devono difendersi non solo dal criminale, ma anche dallo scetticismo dell’ambiente.
Uscire vivi dal labirinto
Chi lavora nel mondo del crimine porta addosso un peso invisibile. Le immagini, le storie, le parole restano nella mente. Serve forza. Serve equilibrio. Serve qualcuno che, a fine giornata, ti riporti alla realtà. Molti criminologi sviluppano strategie per “disintossicarsi” dalla violenza quotidiana. Altri si rifugiano nella scrittura. O nel silenzio. Perché chi studia il male, se non si protegge… rischia di farsi male davvero.
Il mestiere di chi non dimentica
I criminologi non sono detective. Non sono supereroi. Sono persone che hanno scelto di ascoltare il dolore, analizzarlo, trasformarlo in sapere.Grazie a loro, possiamo dare un nome al mostro. E forse, anche evitarlo.