Il tempo dei luoghi. Una guida vintage ispira il viaggio di Diana Pintaldi. In esposizione da Assemblea a Roma
La ricerca artistica è un sentiero tortuoso. Necessita di mappe, meglio se antiche, meglio se percorse, in questo caso letteralmente, da un filo rosso e da un linguaggio portatore di un messaggio. Da decodificare però. L’importante è che ci sia. L’importante è il processo, la strada verso la ricerca di senso.
Il Codice Morse di Diana Pintaldi rivive in queste opere di piccole dimensioni – la serie si intitola “Il tempo dei luoghi” –esposte a Roma da Assemblea di Monica Polledri, in Via Alessandro Volta 22.
Vie e sentieri delle mappe di una guida della Sicilia del Touring Club del 1953 vengono segnate dal filo che cuce insieme punti e linee di un racconto in alfabeto Morse. C’è dentro il flusso del Tempo, innanzitutto: “Attraverso un processo di sintesi per addizione – dice Diana Pintaldi – ricerco una sincronicità col tempo che scorre e provo a costruire una trama che continui nel tempo”. Una ricerca che parte da lontano, mentre è negli ultimi anni che si è manifestata con forza all’artista la necessità di unire passato, presente e futuro in una trama, appunto. E quella di un supporto antico che, all’inizio, fu un tappeto tramandato nella famiglia.
Il suo itinerario artistico oggi non prescinde dal tessere trame: da ultimo vincitrice a Torino del Nice and Fair Contemporary Vision Prize, con la sua partecipazione alla mostra “Send me your location”, curata da Chiara Lorenzetti e Noemi De Simone, la giovane artista vede una sua nuova opera esposta al Festival dell’arte Prima Materia 0.1, in corso fino al 7 gennaio prossimo a Genzano, e dedicato per questa edizione al mito della dea Diana. “Predestinate” il titolo dell’opera, parola palindroma in Morse, celata e nello stesso tempo rivelata dal ricamo, dove pure ogni punto connette tempi e luoghi, codificando un futuro già scritto.
Con le piccole mappe siciliane esposte a Roma – a darle l’idea una altrettanto piccola di Milano, che il vento le consegnò tra le mani per caso, in un androne – l’artista continua ad inseguire “la grammatica elementare del mondo”, come la chiama il fisico Carlo Rovelli. Il Codice Morse è solo uno dei tanti linguaggi con cui cerca di dare un nome (e un senso) alle cose e agli accadimenti. Per Diana Pintaldi l’arte non può fermarsi alla tela o al supporto che la ospita. Deve poterne uscire, deve comunicare, deve indicare una via, che sia per l’artista stessa o per chi la guarda.
Siamo tutti alla ricerca di punti fermi, segnali che ci accompagnino in questo nostro meraviglioso, ma complesso e finito, cammino, di una bussola, diversa per ognuno. L’Arte, come sempre e da sempre, può essere una di queste bussole. “Il divenire di un punto è un racconto, in codice” dice l’Artista. Un racconto non fatto e finito però, ma che parte da lei per evolversi attraverso l’altro.