Intervista a Salvo Miraglia a teatro con l’opera: Amuní.
E siamo arrivati ad “Amunì”, di cosa parla?
Amunì nella “lingua” Siciliana vuol dire Andiamo: la pièce è un invito a sognare, andare, viaggiare, a non perdere mai il gusto genuino della curiosità e della sorpresa. L’avventura. Potrei andare all’infinito. Ho il libro dei sinonimi e dei contrari!
A che cosa si è ispirato nello scrivere la drammaturgia?
Alla mia terra. Ai visionari che hanno visto la Sicilia e altri che l’hanno solo dovuta immaginare come Dante, Stendhal, Prezzolini.
Chi sono e che cosa fanno Anna e Mela?
Sono due attrici che per compiacere un coriaceo Santi si fingono Siciliane. Perché lui le preferisce siciliane le attrici! Lo vogliono svegliare da quel sonno personale e atavico e convincerlo a scrivere una commedia perché da lì a poco devono debuttare al Teatro Trastevere e non hanno ancora nulla. Non c’è un copione da mettere in scena! Il tentativo sarà esilarante tra notizie precise, altre laconiche, prove di teatro, le telefonate con la madre, la zia, ma moglie. La voce è davvero quella di mia madre Consolata e mia zia Cettina. Due attrici formidabili.
E Santi?
Santi è un personaggio che torna. È giù il protagonista del mio libro: Collezioni d’emozioni e de “Il mondo in una stanza”. Lui è indolente, si muove pachidermico nel suo appartamento romano tra copioni e musica. È l’incarnazione della Sicilianità: legato alle sue donne, al cibo, ai protocolli del tempo che deve scorrere lento senza fretta! Si specchia e rivede nel soliloquio del Principe Salina: come quel Siciliano che odia chiunque voglia svegliarlo dal sonno atavico e destare quel carattere che è stato già dei Siculi e dei Sicani.
Riusciranno a convincerlo?
Questo rimane un dubbio, non posso svelare: certamente sarà uno spassoso tentativo che è infine il pretesto per raccontare a Teatro l’Isola più bella e controversa del mediterraneo o forse del mondo.
La compiacenza è compagna strategica di molti itinerari, oggi più che mai, nella commediai invece?
Santi è stato un grande attore e drammaturgo: Anna più di Mela ne è convinta. Non è ipocrisia, ma il tentativo di mediare. Infatti ci sono delle scene molto divertenti tra le due attrici che danno sfogo, quando non c’è Santi, alla più verace romanità e napoletanità. Non è una commedia in vernacolo, ma i vari dialetti hanno lo spazio che meritano perché l’espressione più immediata di ogni popolo e di ogni regione.
Perche “Amunì” è una carezza e un invito ad “andare” e volare sui Miti della Sicilia?
Perché la Sicilia è già una carezza di caldo vento di zagara e scirocco. È sempre stata come una “bella donna” desiderata da tutti e purtroppo colonizzata e dominata. È una storia lunga venticinque secoli che ha visto i Berberi, gli Spagnoli, i normanni. Ma oggi la Sicilia è una regione libera e l’eredità preziosa è presente, visibile nei palazzi barocchi, nei castelli Normanni e ponti Saraceni. La Sicilia è stata la culla della cultura, la sede della Scuola Siciliana di Federico II che ispirò Dante e altri intellettuali. Tutto viene raccontato con leggerezza e grazie alle musiche di Elisabetta Russo su testi di Cettina Caliò. Le coreografie di Jean Michel Danquin.
Il mito che cosa è?
Il mito è il desiderio. Il sogno. Come vorremmo che fossero davvero cose o luoghi. «Quando lo scrittore non sa inventa!». Quando il popolo muore di noia inventa il mito. La bugia meravigliosa. La leggenda. La favola incredibile o credibile. Fantasia e realtà si mischiano come liquidi dentro la stessa bottiglia e cosìè in Amunì: c’è l’onirico che si infila dentro la realtà…
Quanto sono importanti i miti?
Il Mito è tutto. Quando la realtà non è sufficiente interviene il Mito a salvarla. Edulcorarla. La vita sa essere incredibile ma anche e spesso sa essere soprattutto noiosa. Allora interviene il “Cunto…” difatti c’è una parte dedicata ai Cantastorie (cugini dei Giullari), a Colapisci: l’uomo mezzo pesce che regge la Sicilia, uno dei pilastri o pidamenti…
Le virtù e i tanti vizi del siciliano quali e quanti sono?
Troppi per elencarli. Il Siciliano non è mai cambiato, si è adattato ai soprusi dei vari dominatori e ha sviluppato la Resistenza: ecco questa è la sua virtù e insieme il vizio migliori. Resistenza che è quasi diventata volontà di non mutare e migliorarsi. Il Sicliano si crede perfetto…
I pilastri del mondo siciliano si cosa si fondano?
Ci vorrebbero ore e ore… fogli… Come si dice nella commedia: sono passati tutti da lì e c’è tanto. Certamente la generosità, l’ospitalità, l’onesta. Ma questi sono principi. Qualità. Certamente potrebbe essere il legame “radicale” alla terra, nel senso delle radici…Adesso sento parlare i miei amici dell’epoca e mi sembra assomiglino ai nostri padri. Forse anch’io… Le stesse parole e idee. C’è qualcosa di orale che si tramanda senza il diritto di scelta.
Quanto è importante essere legati alle proprie radici?
Direi che può essere importante quanto deleterio. Occorre viaggiare, vedere, sondare, confrontare perché ogni popolo nel mondo è la summa volgare dell’esperienza. Ecco le radici sono l’esperienza di chi ha vissuto prima, è l’antidoto all’errore. La ricetta per non ripetere l’errore e l’orrore. Ma naturalmente l’uomo sbaglia sempre, è recidivo. Sembra programmato a sbagliare. La guerra è l’errore più grande eppure si ripete da sempre. Nella guerra non vince nessuno. Chi pensa di aver vinto ha già perso! In Amunì si parla anche di questo…
La drammaturgia e’ un tuffo nella storia?
Sì, venticinque secoli e senza tediare: si parte dai Siculi e si arriva al Regno d’Italia. Alla Repubblica degli onorevoli Siciliani. Ma è un salto, una cavalcata. Non è noioso.
C’è sempre un sogno a emozionare?
Quello sempre: intervalla la prosa. Il sogno è nella musica, nel canto, le coreografie. È il desiderio di tre attori per la messinscena.
Chi sono i suoi compagni di viaggio?
Un cast di grandi professionisti. Jean Michel Danquin: primo ballerino al Bagaglino di Pingitore. Fatima Romina Ali ottima attrice e doppiatrice e cantante. Clelia Liguori, anche lei bravissima in tutto.
Andrete in tour?
Sì, abbiamo in programma Sicilia e altre regioni
Che cosa si aspetta dal pubblico?
Che non si accorga del tempo. Vorrei che uscisse dal Teatro con leggerezza, ridendo e avendo appreso delle notizie sulla storia della Sicilia e del Siciliano che magari già sapeva e altre che ha scoperto con Amunì. E vorrei che dopo nessuno mi chiami Siculo e dico perché nella commedia!
Progetti?
Tanti: un altro spettacolo, una Mise en espace sulla Sicilia con Nicoletta Evangelista che in Amunì esegue per pianoforte La leggenda di Colapisci. Portare di nuovo in scena “Caos di Donna”, il mio omaggio a Pirandello. Un format originale con Luigi Galluzzo, giornalista del Tgcom24.
Sogni?
Tanti e spero di continuare a farli! Numerosamente…
Desideri?
Pace nel mondo e la capacità dell’essere umano d’ascoltare. Ascoltare la Bellezza che non dobbiamo neanche costruire. È una delle poche cose che abbiamo già e sembra che facciamo di tutto per mortificarla. Annientarla.
Speranze?
Un po’ di blu nel cielo e meno polvere di guerra nei paesi affetti dalla idiozia dell’uomo: Ucraina, Palestina, Israele.
E poi vuole aggiungere altro?
Vi aspetto a Teatro. Fa bene all’anima. Qui c’è tutto: si ride e si riflette. Si sogna appunto…