“Oreste” di Michele Suozzo al Teatro Di Documenti dal 27 al 29 ottobre a Roma. Un cast di tutto rispetto per un’opera teatrale che coinvolgerà il pubblico.

L’”Oreste” (1777-1779) riprende le sanguinose vicende degli Atridi. Alfieri la concepì come seguito dell’Agamennone, una delle sue tragedie più perfette, in cui, soprattutto, le figure femminili si scostano radicalmente dai modelli antichi.

Oreste, tornato ad Argo, vuole vendicarsi della madre e del suo amante per l’omicidio del padre Agamennone. Sono trascorsi dieci anni dall’assassinio di Agamennone: Egisto si è insediato sul trono di Argo, Clitennestra è stata incessantemente perseguitata dal ricordo del crimine commesso, Elettra vive nella speranza di vedere la vendetta scendere su Egisto e Oreste, affiancato da Pilade, ha ormai un’età che gli consente la ricerca della vendetta.

 

 

 

“A me chiedesti sangue; | E questo è sangue; (…) e sol per te il versai”.

Nel riproporre la tragedia alfieriana, il regista e gli interpreti Fabio Camassa, Fulvia De Thierry, Francesca Sammaritano, Enrico Lanza e Riccardo Mori, scavalcheranno qualsiasi barlume di romanticismo, mettendo in risalto gli aspetti che parlano più da vicino alla sensibilità degli spettatori: così Oreste, “furioso” fin dal suo primo apparire, sarà un ragazzo profondamente “disturbato”, Egisto, prototipo del “tiranno” alfieriano, apparirà legato a Clitennestra da un rapporto angosciante e morboso, una coppia dannata e forse consapevole della rovina finale.

Lo scandaglio psicologico diventa, quindi, l’unico approccio possibile e naturale a questo antico e modernissimo capolavoro. Le musiche, eseguite dal vivo da Oscar Bonelli su strumenti musicali provenienti da varie parti del mondo, accompagneranno lo svolgimento del dramma. Michele Suozzo ci porta con questa intervista all’interno della sua avvolgente drammaturgia che dal passato torna nel qui e ora coinvolgendo il pensiero verso un futuro tutto da scrivere e vivere.

Perché scegliere “Oreste” di Vittorio Alfieri?

Perché no? Alfieri è stato un mio grande amore di adolescenza ma non avevo mai pensato di affrontarlo registicamente. Poi c’è stata la proposta di un festival (che poi non si è realizzato) di un dramma con pochi personaggi e ho pensato all’Oreste.

Quanto è stata impegnativa la regia?

Beh, tutto è impegnativo. Però quando c’è la passione tutto diventa più semplice. La difficoltà con degli attori giovani è la corretta scansione dei versi. Ma, per fortuna, sono riuscito a ottenere buoni risultati dalla mia compagnia.

I punti salienti di quest’opera?

Tutto è stringato e importante. A me affascinano le scene di Clitennestra ed Egisto. Interessante poi il ritmo convulso, veramente “melodrammatico” nel senso migliore del termine, degli ultimi due atti.

Come vengono descritte le figure femminili?

Clitennestra ed Elettra sono personaggi completamente reinventati da Alfieri, sono profondamente umanizzate e ricche di contraddizioni.

E’ un femminile che si ritrova anche nei nostri giorni? Come?

Forse sì. Chiaro che in una tragedia i contrasti sono più esasperati, ma le figure del mito sono moduli intramontabili e anche la lettura, profondamente umanizzata, che ne fa il nostro poeta, può avere dei riflessi anche nel nostro quotidiano.

Nella nostra società i crimini sono diventati purtroppo un quotidiano: potremmo dire che nulla è cambiato?

Difficile rispondere a questa domanda: nella famosa trilogia di Eschilo si passa dalla legge del taglione alla giustizia gestita da una società democratica. Nella nostra tragedia la sorte dell’eroe resta sospesa.

Qual è la differenza tra i crimini di un tempo e quelli di oggi?

Forse i crimini di oggi sono più gratuiti.

Gli uomini narrati nell’opera che ruolo hanno?

Alfieri si è ispirato più che ai drammi antichi all’immagine che noi ci siamo fatti di questi personaggi: così Oreste è “furioso” fin dal suo primo apparire, Pilade ritrae la figura dell’amico come si è configurata nei drammi e nei melodrammi moderni. Egisto, prototipo del “tiranno” alfieriano, appare legato a Clitennestra da un rapporto morboso non del tutto esente da un cupo erotismo.

Come ha scelto il cast?

Due attori hanno collaborato con me in diverse produzioni, gli altri li ho scelti in dei provini fatti per un’altra produzione non più realizzata.

Cosa si aspetta dal pubblico?

Che riscopra e si appassioni (come hanno fatto i miei attori) a questo autore un po’ accantonato.

Progetti futuri?

Più che progetti sogni nel cassetto: una lettura scenica di un racconto di Eça de Queiroz (altro mio grande amore) e l’Ifigenia del mio più grande amore che è Racine.

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