“Non sparate sul presepe” in scena al Teatro Trastevere in Roma dal 19 al 22 dicembre 2024. L’opera è scritta e diretta da Massimiliano Pazzaglia. Il cast vede nomi del panorama teatrale italiano: Edoardo Ciufoletti, Giorgia Lepore Martinelli, Massimiliano Pazzaglia, Federico Scribani. L’opera si dipana partendo dalla notte della vigilia di Natale in una casa sperduta nella campagna toscana. Un uomo taciturno in cerca della sua pace. Una ragazza fin troppo dolce in cerca del suo passato. Un camionista scorbutico in cerca di una donna da amare. Un autostoppista meridionale in cerca della sua famiglia. Si ritrovano così, nella notte della Vigilia, quattro solitudini, che passeranno via via da una totale estraneità ad una “idea” di intimità, quasi a costituire, seppur momentaneamente, quel nucleo familiare dal quale ognuno è lontano. Ma in realtà, ognuno dei quattro personaggi non è quello che dichiara di essere. Davanti ad un albero di Natale “nevrotico” e a un presepe “sotto tiro” si svolge un giallo brillante pieno di equivoci e colpi di scena, fino ad un finale veramente imprevedibile.
Mentre scrivevo, racconta Massimiliano Pazzaglia, “Non sparate sul presepe” avevo in mente tre riferimenti cinematografici che erano rimasti sedimentati nella mia memoria di appassionato di cinema: “The Rocky Horror Picture Show” di Jim Sharman, “Arsenico e vecchi merletti” di Frank Capra e “L’angelo sterminatore” di Luis Buñuel. La mia commedia, con il dovuto rispetto, vuole situarsi al centro di un immaginario triangolo che ha queste pellicole come vertici. Mi piaceva l’atmosfera cupa e piovigginosa dell’inizio del film di Sharman, con la richiesta di aiuto dei due protagonisti. Mi piaceva quel miscuglio di fiaba, festa e affetto familiare di “Arsenico e vecchi merletti”, commedia di pura evasione con venature noir. Ed infine, amo lo stile surreale di Buñuel de “L’angelo sterminatore”, con i protagonisti che addirittura non riescono più ad uscire dal salone del palazzo del proprio ospite. Ho costruito questa storia tenendo anche presente il detto “Scrivi ciò che ti piacerebbe vedere”, mescolandola con la mia idea del Natale e creando una trama fantasiosa (e surreale) che si snoda come un giallo brillante, con divagazioni e digressioni eccentriche dei nostri personaggi, per arrivare ad un finale che sorprenderà lo spettatore”. Lo abbiamo intervistato e lui con la sua maestria ci ha condotto in un viatico avvincente ed emozionante.
Che cosa l’ha ispirata a scrivere una commedia ambientata durante la notte della Vigilia di Natale?
Forse perché è la notte dell’anno nella quale più forte si avverte il significato della famiglia e dell’amore. Tutti stanno per mettersi a tavola insieme per festeggiare il Natale. Ma ai miei personaggi questo è precluso. Mi piaceva osservarli agire in questa situazione così particolare.
Come ha sviluppato i quattro personaggi principali e le loro “solitudini”?
Inventare dei personaggi con le loro storie a volte è come quando a un musicista arrivano in testa delle note, non è sempre razionalmente spiegabile. Devo dire che il primo personaggio al quale ho pensato è stato quello di Caterina, realmente ispirato a una ragazza che conoscevo, dolcissima con tutti ma anche molto determinata, con un carattere molto forte. Gualtiero l’ho immaginato come un uomo solo, che ha perso tutto, e che vive in questo casolare sperduto nella campagna toscana, costretto ormai su una strada che forse non vorrebbe più percorrere. E parlando di strade ecco Ivan, il camionista, il personaggio più fuori dalle righe dei quattro. Sanguigno, diretto, pratico, mira sempre al sodo. Tante ore da solo alla guida di un camion, anche se poi la verità è un’altra. E poi c’è il mio personaggio, Vincenzo, che avendo avuto un guasto alla macchina sta facendo l’autostop per cercare di raggiungere la sua famiglia per festeggiare il Natale. E’ il più sognatore dei quattro, e in questo mi assomiglia parecchio.
Può spiegarci il significato dell’albero di Natale “nevrotico” e del presepe “sotto tiro”?
Le posso spiegare solo il primo dei due significati: una volta gli alberi di Natale erano illuminati solo da candele, con un effetto meraviglioso e rilassante. Poi si è passati all’illuminazione elettrica fatta di lucine fisse. E ultimamente le luci di Natale in vendita hanno un selettore che permette di scegliere fra varie intermittenze. Alcune di queste lampeggiano con una tale velocità che suscitano nel mio personaggio questa definizione, attribuendo all’albero una propria personalità, “nevrotica” per l’appunto. Il secondo significato non lo posso esplicitare perché rivelerei la trama. Diciamo che è sicuramente sotto tiro perché al centro dell’attenzione.
In che modo i tre film citati hanno influenzato concretamente la struttura e lo stile della sua commedia?
Sono stati solo dei riferimenti. Diciamo che mi piaceva l’idea di iniziare la storia di notte, sotto la pioggia battente. Mi piace lo stile inimitabile di Frank Capra che riesce a raccontare di delitti ma con leggerezza e ironia, e i toni decisamente surreali che, nel mio caso, smorzano quasi la verità, rendendola più accettabile.
Come ha bilanciato gli elementi del giallo con quelli della commedia brillante?
Voglio dire che questo sicuramente non è un giallo “classico”. Non c’è un detective e perfino l’assassino è “presunto”. Ci sono gli elementi classici della suspense e del mistero ma la commedia la fa sempre da padrona. Possiamo dire che è una commedia brillante venata di giallo.
Qual è stata la sfida più grande nel dirigere un’opera che ha anche scritto?
Più che sfida parlerei di sdoppiamento. Al di là di poche scene nelle quali non compaio, per il resto sono sempre in scena, e la sfida è stata quella di pensare al mio ruolo, ad interpretarlo, a viverlo, ma anche quella di vedere la scena come se fossi seduto in mezzo alla platea e guardassi solo da regista al lavoro degli attori e alla “messa in scena”. E inoltre, far si che il testo da me scritto trovasse sempre la giusta corrispondenza scenica, sia nell’interpretazione degli attori che nelle varie atmosfere.
Può darci un’anticipazione su alcuni dei colpi di scena presenti nella trama?
Purtroppo no, altrimenti rivelerei qualcosa che dev’essere svelato solo alla fine. Posso solo dire che nessuno dei quattro personaggi è in realtà quello che asserisce di essere.
Come ha lavorato con gli attori per creare l’atmosfera di “estraneità” che poi si trasforma in intimità?
I personaggi all’inizio sono quattro perfetti estranei. I loro dialoghi sono formali, rapidi, essenziali. Solo con il passare del tempo assistiamo a un progressivo sciogliersi delle loro corazze. Sarà quello che decideranno di dire di loro stessi in questa singolare notte di Natale a creare una maggiore intimità fra di loro. Ho cercato quindi di creare con gli attori un passaggio di sfumature che partissero da toni distaccati e freddi a toni sempre più intimi.
In che modo la sua personale idea del Natale ha influenzato la scrittura della commedia?
Molto. Innanzitutto perché come vivo il Natale oggi, da adulto, non è chiaramente come il ricordo che ne conservo di quando ero bambino. Quasi tutta la magìa se n’è andata, con mio grande dispiacere. Mi sembra che si stia spingendo molto sull’aspetto commerciale dell’evento, piuttosto che su quello spirituale. E poi la smania dei regali, i soliti buoni propositi. Uno dei personaggi dice di aver sentito, a novembre, una pubblicità alla radio: “quest’anno il Natale è arrivato prima”. Ma perché deve arrivare prima e non il 25 dicembre ? Resto però un sentimentale con tanta nostalgia per quei natali vissuti nell’infanzia.
Ci sono elementi autobiografici nascosti nella trama o nei personaggi?
Nella trama una cosa autobiografica c’è: Vincenzo ha avuto un guasto alla macchina e sta facendo l’autostop per cercare di raggiungere la sua famiglia per festeggiare il Natale. Be’, molti anni fa anche a me successe qualcosa di simile. Stavamo provando uno spettacolo il 24 dicembre e finiamo le prove intorno alle diciannove. Mio padre e mia madre mi stavano aspettando a Sorrento, a casa di amici, per festeggiare la Vigilia. Io quindi salgo in macchina e parto per Sorrento, ma ad un certo punto ho un guasto alla macchina. Trovo miracolosamente aperto un benzinaio il quale mi aiuta a riparare il guasto e a ripartire. Solo però che nel frattempo avevo perso molto tempo. Insomma, arrivai a Sorrento intorno alla mezzanotte. Fui però accolto con tanto affetto dai miei e dai loro amici e trovai pure un po’ di baccalà fritto, dell’insalata di rinforzo e qualche mostacciolo avanzati.
Come descriverebbe il tono generale della commedia? È più vicino alla farsa o al dramma?
Sicuramente non al dramma, se non quello vissuto da alcuni dei personaggi, che però a noi farà sorridere per le dinamiche di svolgimento. In altri punti ci sono degli elementi farseschi, di puro divertimento.
Quali tecniche teatrali ha utilizzato per rendere l’atmosfera surreale menzionata?
Ho fatto ricorso a degli effetti sonori e a delle voci fuori campo che contribuiscono a creare questa sospensione fra il vero e il surreale. Ad un certo punto il casolare si trasforma addirittura in una sala da ballo ! Ma è proprio il contenuto delle storie raccontate dai quattro personaggi ad essere spesso completamente surreale.
Come spera che il pubblico reagisca al finale “veramente imprevedibile”?
Come si reagisce di solito quando c’è un colpo di scena (in questo caso sono due): o dicendo “l’avevo capito subito” o rimanendo spiazzati e ricercando gli elementi che avrebbero potuto portare ad anticipare il finale.
Ha intenzione di portare questa commedia in tournée dopo le date di dicembre?
Ci terrei molto si, ma avrei bisogno di un distributore per cercare delle piazze dove portarlo. Sono convinto però che questo spettacolo, sotto Natale, possa essere godibilissimo.
Se dovesse scegliere un quarto film come riferimento per future opere, quale sarebbe e perché?
La prossima commedia che vorrei mettere in scena si intitola “Villaggio vacanze con omicidi”, e il film di riferimento non può che essere “Dieci piccoli indiani”. Sperando che Agatha mi perdoni.