La Favola nera del boia in tutù

Il 13 ottobre 2023 al Teatro Trastevere in Roma debutta lo spettacolo: “La Favola nera del boia in tutù” per la regia diSimone Fraschetti, da una drammaturgia di Adriano Marenco. Il cast è composto da: Rossella Vicino, Nathalie Bernardi, Francesco Balbusso. Le scenografie e i costumi sono affidate a Francesco Balbusso. Lo spettacolo narra l’incontro tra: il Boia e l’Attore. Due universi lontani con uno stesso marchio sociale. A manovrare i fili di queste marionette c’è il Demiurgo, un Dio/Mefisto ambiguo, un regista lunatico, che crea i primi attori sulla terra. Tre guitti che parlano in rima e agiscono in coro. Boia è una ragazza che lavora come carnefice ma sogna il palco! Un giorno sotto la sua lama capita Natalia Topova, un’artista di strada che la convince a scappare: ne farà una diva! Finiranno a fare giocoleria vegana. Ma Boia sogna ancora di uccidere. Una favola nera che unisce il pianto e il riso, la morte e la vita.

“Il nostro desiderio – racconta Adriano Marenco – è raccontare una storia controversa ma piena di magia, ironica, persino divertente e tragica. Boia è la regina del patibolo, Natalia Topova la regina del teatro di strada, entrambe hanno una storia disperata alle spalle. E su queste anime che si arrabattano tra il sogno dell’arte (Boia) e la concretezza dell’arte (Topova) Dio in persona, coadiuvato da Mefisto, tesse una trama di inevitabili fallimenti, cadute e morte. Questi elementi sono affrontati col sorriso sulle labbra facendo uso della rima” – come se, continua – “La tragedia dei reietti in un continuo scambio tra favola e morte, tra arte e impossibilità della stessa, fino a quando la favola combacia con il suo finale ineluttabile. Sopra Boia e Topova agiscono le forze del destino”.

Ciò che emerge dirompente è che i loro sogni di cartapesta non possono avere la meglio sui burattinai dietro la cartapesta. Figurine agitate dal soffio di vita e morte che spira dalla commedia dell’arte. Figurine che vorrebbero salvarsi dal loro ruolo. Ma non ne sono capaci. Uno spettacolo tutto da assaporare cogliendone luci e ombre, sfumature e chiaroscuri. Adriano Marenco ci racconta questa sua opera con la partecipazione di un autore che sa andare oltre, di là dalla siepe.

A breve ci sarà il debutto di “La Favola nera del boia in tutù”, di cosa parla?

In scena ci sono il Boia e l’Attore. Due universi lontani con uno stesso marchio d’infamia sociale. A manovrare i fili di queste marionette c’è il Demiurgo, un Dio/Mefisto ambiguo, un regista lunatico, che crea i primi attori sulla terra Evoh ed Adamah. Gli affida il suo spettacolo, la sua eterna commedia umana. La dovranno interpretare nei panni di Boia in tutù e Natalia Topova. In sostanza sono tre guitti che parlano in rima e agiscono in coro. Boia è una ragazza che lavora come carnefice ma sogna il palco! Un giorno sotto la sua lama capita Natalia Topova, una strampalata artista di strada che la convince a scappare se non la giustizierà: e ne farà una diva! Finiranno a fare giocoleria vegana. Ma Boia sogna ancora di uccidere, l’istinto alla morte torna. È una favola nera, un po’ pecoreccia un po’ poesia. Uno spettacolo cialtronesco e poetico tra Sartre e Bombolo con una spruzzata di Bolshoi e commedia dell’arte, quella che sarebbe stata la terza parte del Faust di Goethe vista da Dario Argento. Ed è scritto in rima, una faticaccia!

Un boia come fa a vestirsi con un tutù?

Il boia non si veste in tutù, ci nasce. Invece che sotto un cavolo nascono sotto una lama. Sale sul palco e si esibisce. Di solito è l’unico che partecipa al post spettacolo. Questo è particolare perché il suo tutù è fucsia e non rosso come d’abitudine per non impressionare la gente con gli schizzi di sangue, quindi in nostri schizzi di sangue saranno fucsia e paillettes.

Quanti sono i boia con il tutù?

Tutti ovviamente.

Soprattutto chi sono? Che cosa fanno? Dove si nascondono?

Come banale analisi sociologica, potremmo dire tutti coloro che uccidono le loro aspirazioni per un lavoro sicuro. Però la necessità è un mostro che necessita il suo tributo di sangue. E bisogna sfamarla. Realizzare i propri sogni è un lusso che solo pochi possono permettersi, c’è uno spazio molto limitato nella vita reale. Ma poi vale la pena rischiare e se torna la voglia dello stipendio sicuro?

C’è sempre un burattino e un burattinaio?

Come il macellaio e il macellato. A ogni giro di giostra chiunque può essere burattino o burattinaio di qualcun altro. La vittima, il carnefice. Fino al vertice della piramide. Dove sappiamo chi siede.

Che cosa l’ha ispirata per questa drammaturgia?

Venivamo da alcuni spettacoli di grande impegno e in una piola (le osterie di Torino) ci è venuta voglia di fare una favola, uno spettacolo dall’apparenza leggera, che fosse divertente da fare e da vedere ma che, come le favole, insegni anche il dolore, la paura e la formazione dell’individuo. Da qui ho ideato questa trama. E poi l’urgenza di scriverla in rima. Non poteva esser scritta diversamente. Poi in quel periodo stavo leggendo un libro del professore di antropologia teatrale Fernando Mastropasqua e vi ho trovato molto sulla similitudine del boia con l’attore, molto sull’attore come psicopompo, come colui che mette in comunicazione la vita con il regno dei morti.

Perché è: Una favola nera che unisce il pianto e il riso, la morte e la vita?

Perché sotto l‘impianto cialtronesco, vagamente ispirato alla commedia dell’arte, con i cambi a vista ideato dal regista, Simone Fraschetti, si nascondono i mostri.

Le favole dovrebbero avere un lieto fine, non crede?

Mai! I bambini devono crescere e affrontare l’assenza di un futuro!

Che cosa vuole trasmettere con la sua opera?

Vorrei che il pubblico ridesse di cuore e riflettesse di testa all’inizio e poi entrando nel meccanismo ridesse di testa e riflettesse di cuore. E che si sorprendesse di quello che sta vedendo. Ma davvero stanno facendo una cosa simile? Ma che coraggio hanno, ma è una pazzia totale.

Da ci è composto il cast?

È una produzione del Collettivo Lubitsch con la regia di Simone Fraschetti. Rossella Vicino intrepreta il Boia in tutù ed Evoh, Nathalie Bernardi è Natalia Topova ed Adamah, Franscesco Balbusso è Dio/Mefisto: Francesco Balbusso e scenografo e costumista. Le nostre foto di scena sono di Pamela Adinolfi e poi c’è il nostro tecnico nonché guida alla serenità in mezzo al panico Andrea Lanzafame.

C’è sempre uno strano Mefisto nelle nostre relazioni?

C’è un libero pensatore maligno che conosce l’animo umano e lo volge al fallimento? Cavolo sì, il Grande Vecchio!

I sogni esistono?

Tanto quanto gli incubi.

Chi sono i suoi compagni di viaggio?

Principalmente Nathalie Bernardi, con lei ho già fatto tanti spettacoli e ne faremo ancora molti in futuro. Poi Simone Fraschetti che è stato per anni durante il periodo con I Patas Arriba Teatro, con Alessandra Caputo e Valentina Conti, il regista dei testi Patas e Pamela Adinolfi che scatta da sempre le sue fondamentali foto di scena.

Come ha creati i personaggi?

Natalia Topova già esisteva, è un personaggio storico della scena teatrale torinese creato da Nathalie Bernardi, e desideravo tanto riportarla in scena. Il boia in tutù è la prima idea dello spettacolo, Dio/Mefisto vengono dal Faust di Goethe. Nel Boia in tutù Dio a conti fatti è un sadico cialtrone, Mefisto deve fare il male per cui è stato creato, ma è un raffinato pensatore.

Che cosa si aspetta dal pubblico?

Vorrei che la gente uscisse ridendo e dicendosi sto ridendo di una cosa terribile.

Progetti?

In cantiere ci sono quattro spettacoli tratti da miei testi, prossimo al debutto a Torino “L’attrice è tutta crosta”, poi uno spettacolo sul mostro di Rostov a Bologna, un serial killer da primato, “Sotto Questo Crollo” a Torino e Lilac su Jeff Buckley a Napoli. Inoltre saranno pubblicati tre nuovi miei testi, “Come El Kann pe li Agnelli” (sulla famiglia Agnelli), “UnoaZeroperNoi-Sandra C”, cassandra al G8, “Il senno di Osvaldo – Giangiacomo Feltrinelli tra utopia e paranoia” sul fondatore della Feltrinelli.

 

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